Esempio di pennivendolo impegnato a smontare, denigrandolo, una persona che tutto sommato ha, da sempre, pagato di tasca propria le scelte che la sua visione politica gli ha suggerito di fare. E soprattutto lo ha fatto con dignità, parola che a Messina probabilmente suonerà imperscrutabile.
Le grandi scoperte dell’esploratore Di Battista
DI SEBASTIANO MESSINA
Meno male che c’è il subcomandante Dibba.
Perché mentre noi ce ne stiamo qui tranquilli a occuparci di banali faccenducole - governi che cadono, inflazione che galoppa e contagi che dilagano - Alessandro Di Battista viaggia senza sosta per «comprendere il mondo e raccontarlo». Oddio, non tutto il mondo: in questo momento sta girando la Russia (uno dei pochi timbri mancanti sul suo passaporto, dove ci sono già quelli di Argentina, Panama, Nicaragua, Cile, Guatemala, Cuba, Costa Rica, Colombia, Belize, Ecuador, Iran, Bolivia e Paraguay). Raccontarci l’impero di Putin. Impresa ammirevole, perché parliamo dello Stato più grande del pianeta, con 11 fusi orari diversi. E lui lo fa, generosamente, per conto di noi pigroni stanziali. Per farci conoscere «quello che pensano dall’altra parte». Rivelandoci una realtà sorprendente. Per esempio, lui che era partito da Roma convinto che le sanzioni hanno fallito e che il popolo russo è con Putin, una volta a Mosca ha scoperto - e ce lo ha raccontato in un memorabile reportage - che le sanzioni hanno fallito e il popolo russo è con Putin. Ma siccome lui è un instancabile cercatore di verità, non si è fermato qui. E senza farsi intimorire da quel regime che sbatte in cella chiunque osi mostrare inpubblico anche un cartello bianco senza alcuna scritta, l’esploratore Di Battista ha trovato le prove che «le sanzioni hanno messo d’accordo persone che prima non lo erano affatto», e che «più ci si allontana da Mosca più aumentano i supporter di Putin».
Così lui è andato il più lontano possibile. Ieri è arrivato a Irkutsk, una delle più grandi città della Siberia: la terra del gelo dove prima gli zar e poi Stalin deportarono milioni di polacchi, ceceni, caraci, ingusci, balcari, tedeschi e cabardi, e dove oggi finiscono gli ucraini trascinati via dal Donbass. Ma non sono loro, quelli che lui sta cercando a Irkutsk, dove l’Unione Sovietica sembra sopravvivere surgelata nei palazzi staliniani. No, lui cerca qualcosa di più importante. Se a Mosca le sanzioni hanno messo d’accordo gli avversari di prima, avrà pensato lui che conosce il mondo, qui che siamo a cinquemila chilometri devono essere accaduti miracoli. Lui, ne siamo sicuri, li scoprirà presto. E li rivelerà a noi uomini di poca fede: nella prossima puntata del Dibba Tour.
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