Pillole per votare. Credere al Pd? Servirebbe la sedazione di massa
di Alessandro Robecchi
Quella cosa delle pulci con la tosse non è del tutto sbagliata, e la spiega molto bene Matteo Renzi: “Se pensano di poterci abbindolare con due seggi non ci conoscono”. Tranquillo, vi conoscono, ma già siamo alla battaglia per i posti (pochi), e sempre meno blindati (traduco: niente seggi sicuri a Bolzano), quindi a breve assisteremo a spettacolini poco decorosi in cui si sommeranno preghiere e minacce per salire sul pittoresco carro di Enrico Letta. Secondo altri, addirittura, sul carro dovrebbe salire lui. Dice Calenda che il suo programma è quello lì, se il Pd ci sta bene, sennò farà da solo (cioè, con Bonino, cioè da solo).
È uno strano modo di condurre una trattativa, un po’ come andare a comprare una Porsche con trentacinque euro e, incredibilmente, trovare un concessionario che dice, va bene, qua la mano. Misteri che la direzione del Pd di ieri non ha del tutto chiarito, e non era possibile, anche perché non si sa dove mettere nel mazzo né alcuni centristi un po’ imbarazzanti (chiedere ai propri militanti di votare Brunetta, specie se sono dipendenti pubblici insultati per anni, non sarà uno scherzetto), né chi si definisce orgogliosamente “a sinistra del Pd” e che poi vota come il Pd, torna a casa Lassie.
Ma sia, la cronaca la conosciamo, da qui alla formazione delle liste, in confronto, la corte dei Borgia sembrerà la famigliola del Mulino Bianco. E questo è il prima, lo stupefacente “qui e ora”, che già scoraggia un bel po’. E poi, per scoraggiarsi definitivamente, ci sarebbe “il dopo”. Nell’ipotesi, al momento improbabile, che i “democratici e progressisti” riescano a resistere alla destra, si troverebbero dentro un po’ di tutto, il bar di Guerre stellari. Non so, Gelmini e Fratoianni, per dire, magari con un peone alla Camera di nome Renzi, un Calenda che detta le tavole della legge, tutti a sventolare l’agenda Draghi. Dove, faccio notare, alcune cose sono scritte sempre al futuro, lo ius scholae si farà, il salario minimo si farà, l’agenda sociale si farà, vedremo, forse. Nel programma di Calenda, per dire, c’è che bisogna “militarizzare” (testuale) i siti dove si prevedono inceneritori o rigassificatori, e non so se un governo di “democratici e progressisti” possa veramente usare l’esercito così, a capocchia di Calenda. O la detassazione totale per le assunzioni di under 25, che sarebbe un altro regalo sontuoso ai datori di lavoro.
Non se ne esce, a meno che non ci venga in aiuto la scienza. Una pillola che fa dimenticare sarebbe l’ideale, una specie di amnesia universale, un vuoto di memoria che consenta all’elettore di scordarsi tutto. Credere a un’ipotetica “agenda sociale” promessa da tutti quelli che hanno votato il Job act o il decreto Poletti è possibile soltanto in caso di grave ottundimento. Lo spettacolo di una classe politica che ha governato per dieci anni negli ultimi undici e che ora dice di voler fare l’esatto contrario non è tollerabile, a meno, appunto, di procurarsi una forte amnesia, di svegliarsi dopo un coma decennale e ritrovarsi in un mondo fatato dove il Pd parla di salari e di precarietà. Per ora la precarietà che si sta sistemando è quella dei disperati sotto il tre per cento che si presentano minacciosi, ma col cappello in mano.
Una sedazione di massa sarebbe invero utile. Potrebbe riportarci alla fine del governo Monti, quando si dicevano dell’“agenda Monti” le stesse cose che si dicono ora dell’“agenda Draghi”, quando si pronunciavano solenni “mai più” e laboriosi piani di rilancio a sinistra. Ed eccoci all’oggi, dieci anni fa tondi tondi.
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