Nella campagna fredda, uggiosa e nebbiosa di questi tempi, abbiamo smarrito molte perle di antico valore, tramandateci dagli antichi padri: abbiamo perso quel senso conviviale di appartenenza, di genia, d'infatuazione per i ricordi, le narrazioni al camino di chi, più avanti di noi, trasferiva secondo natura le convinzioni plasmate a certezze, i consigli, le tradizioni. Abbiamo modellato invece una società ad uso e consumo degli operosi, dei connessi perpetui, tanto concentrati da dimenticare costantemente che nel breve, riferito alla giostra universale, coloro che oggi sono frenetici diverranno gli stantii appoggiati alle tante "ville serene" preambolo di ciò che verrà, per tutti, ignavi compresi.
Un luogo ideale per trasmettere i miei pensieri a chi abbia voglia e pazienza di leggerli. Senza altro scopo che il portare alla luce i sentimenti che mi differenziano dai bovini, anche se alcune volte scrivo come loro, grammaticalmente parlando! Grazie!
venerdì 11 dicembre 2020
Per loro
Abbiamo smarrito il senso semplice e naturale della logicità vitale al punto che, nel bastardo pandemico, snaturiamo noi stessi, arrivando a sentirci sollevati per il fatto che ieri se ne siano andati solo (solo - solo) ottocentottantasette nostri compagni e compagne di viaggio, con le loro storie, le loro gioie, le lotte, i rammarichi, le sofferenze, le conquiste, le cadute e le ricadute tipiche della specie; lo smarrimento raggiunge l'inimmaginabile nella frase bignami dei laidi tempi "ma erano quasi tutti ultraottantenni" come se ciò costituisse una colpa, un'avversità, una dabbenaggine, un rimprovero.
Abbiamo smarrito noi stessi nel liofilizzare le vite degli ottuagenari colpevoli di essere in prossimità del capolinea e per questo recettori della nostra freddezza, del "così va il mondo", del "cosa vivevano a fare" - tragica cartina tornasole della glaciale inutilità aggredente "solo gli altri", una volta idonei al "circolo Arci" con briscola e cappello di default.
Abbiamo smarrito quella sana arsura nell'ascoltare chi ha molto camminato sui calendari, le confidenze tipiche come "la foglia del formenton una volta serviva per pulire i pettini", ci siamo lasciati convincere della nocività insita nelle perdite di tempo, nella pericolosità del ciarlare ad minchiam, dell'ascoltare, acerrimo nemico del tanto glamour "piegare il capo, ingobbirsi e scorrazzare polpastrelli sul vetro dello smart"
Abbiamo smarrito noi stessi nel dimenticarci di loro, nel gioire impercettibilmente e privatamente gustando dei prospetti sulle curve d'età propinatici pedissequamente in ogni dove mediatico, senza inoltrarci nei meandri delle storie, senza combattere l'apatia del cuore, l'indifferenza, l'abitudine.
Se non avessimo smarrito quanto sopra, neppure lontanamente ci sogneremmo oggi di contrastare il "sopruso" impostoci dall'alto, ostacolante il far festa secondo i canoni rigidi del sovrano attualmente regnante, Messer Consumo. No, se non avessimo perso molto per strada, oggi ci accontenteremmo di un brindisi soffuso e di qualche fetta imbiancata, come narravano al focolare gli ottocentottantasette di ieri: quando manca qualcuno, è sempre arduo far festa comandata.
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