sabato 21 dicembre 2019

A proposito


A NATALE
Da Monicelli a Mauss, storia di un regalo diventato “sacrificio”
CACCIA ALL’IDEA - IN ORIGINE ERANO OFFERTE DESTINATE AI DEFUNTI ORA È UN MASSACRO DI ASPETTATIVE DELUSE, GELOSIE E INVIDIE

di Daniela Ranieri

Dovrebbe farci riflettere che i doni fatti a parenti, amici e bambini nel periodo di Natale, quando la natura muore e rinasce, erano originariamente offerte destinate ai defunti. E che sotto i personaggi mascherati, come Babbo Natale, si nascondono i morti che tornano tra i vivi per celebrare la vita tenuta al buio sottoterra, dove germinano le sementi. Del resto l’albero di Natale era già nel ceppo che ardeva tutta la notte e nelle decorazioni vegetali sugli edifici durante i Saturnalia romani, feste delle larvae, i morti per causa violenta.

Non sappiamo più niente di questo legame, quando ci infiliamo per giornate intere nei centri commerciali, dove avviene il vero rituale dello scambio natalizio (ci danno in oggetto in cambio di denaro); e il rito della notte di Natale è un massacro di aspettative deluse, gelosie, invidie, competizione (sempre attuale Parenti serpenti di Monicelli), altro che scambio di ramoscelli dal bosco dedicato a Strenia, la Dea della salute (da cui “strenna”).

L’unico sacrificio che si celebra in questi giorni è quello del buon senso. Per Giorgio Manganelli il Natale è “crapula demente”, che porta con sé “una tetraggine che ha dell’astronomico”.

Totalmente avulso dall’ordine cosmico, lo scambio di regali è una celebrazione del vero e unico re del mondo (il denaro) capace di silenziare temporaneamente il caos.

La versione odierna del Natale non inventa nulla: ricombina in modo sincretico una celebrazione antica. Se nei secoli l’elemento sacro è stato la divinità della natura, il ritmo delle stagioni, il culto del Sol Invictus o la nascita di Gesù, oggi è il consumo di merce come sostituto dei sentimenti.

Lo scambio di doni assume dimensioni agonistiche. Come nel potlach dei tobriandesi studiato dagli antropologi, è tutta una competizione di classe, o almeno di status, tutta una distruzione di risorse. Su cosa regaliamo, poi, sono stati scritti saggi illuminanti (uno per tutti: Il regalo di Natale. Storia di un’invenzione, di Martyne Perrot). Theodor Adorno scrisse a proposito: “La decadenza del dono si specchia nella penosa invenzione degli articoli da regalo, che presuppongono già che non si sappia che cosa regalare, perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di farlo”. La regola con cui procediamo di solito secondo Adorno è questa: “Uno regala quello che gli piacerebbe per sé, ma di qualità leggermente inferiore”. È chiaro che al cospetto del dono siamo in guerra. Walter Benjamin ci offre un vademecum in un saggio del 1928, Cosa regalare a uno snob, che inizia così: “Fare un regalo a uno snob significa impegnarsi a una partita a poker. L’anima dello snobismo è infatti il bluff”. Il benestante arriva a mani vuote, o al più regala un oggetto simbolico. Il povero, fateci caso, si presenta a Natale in casa di altri con cornucopie di regalie, spesso lussuose in modo kitsch (“Credo che la volgarità - canzoni, cartoline, certi regali - sia essenziale alla sopravvivenza del Natale”, sempre Manganelli). Il povero sa che non è il pensiero che conta.

Secondo Benjamin c’è un modo per rispondere a questa disparità. Posto che sottrarsi a ogni occasione del genere è sempre la scelta più sana, “donare è un’arte pacifica. Ma nei confronti dello snob va tratta in maniera marziale”. Benjamin non si accontenta della versione agonistica del regalo, quella teorizzata da Marcell Mauss nel saggio sul dono: essendo un filosofo di prim’ordine, massimalizza il genio del povero: “Gli snob vanno provocati. Quanto più grande è il disprezzo con il quale usano ispezionare i regali natalizi tanto più superfluo dovrà essere il dono prescelto”. (Massimo della raffinatezza e della crudeltà: regalare allo snob Cosa regalare a uno snob).

In realtà, ancora oggi non ci scambiamo doni: offriamo dei regali alla morte. Il Natale è un alibi che ci diamo per credere ancora in qualcosa: in Un Natale di Maigret, Simenon costruisce il racconto attorno a una bambina che riceve una grande e costosa bambola da un ladro vestito da Babbo Natale, ed è un momento di puro incanto, di grazia umana e divina.

Scrisse Lévi-Strauss in Babbo Natale giustiziato: “Al fondo di noi veglia il desiderio che sia possibile una generosità senza limiti. I regali natalizi rimangono un sacrificio autentico alla dolcezza di vivere, la quale consiste innanzitutto nel non morire”.

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