sabato 17/11/2018
Sì-Tav, le nuove rivoluzionarie per gli umarell
Sì-Tav, le nuove rivoluzionarie per gli umarell
di Daniela Ranieri
Abbiamo l’impressione che Repubblica e Corriere si stiano accorgendo che il (da loro) pompatissimo fenomeno delle cosiddette madamine Sì-Tav di Torino non regge all’impatto con la realtà, specie da quando le suddette hanno incominciato ad andare in Tv togliendo al Paese ogni dubbio circa la loro competenza in fatto di treni. Da giorni, dopo aver salutato nelle sei signore le levatrici di un “nuovo femminismo” (Repubblica), ma che dico: le timoniere della “marea arancione del popolo del Sì” (Corriere), sui due quotidiani non c’è un trafiletto che dia conto della tabella di marcia per il progresso partita da piazza Castello. Dispiace, perché onestamente ci stavamo affezionando alla saga fantasy su questa nuova “internazionale femminile” (Repubblica) creata da sei donne “così tanto coraggiose da sfidare il potere costituito” (come da comunicato “Siamo tutte madamine” a firma delle Pari opportunità del Pd) che ricordano un po’ “le donne dei manifesti al tempo di Stalin, rocciose contadine, temibili operaie con fazzoletto rosso, la zappa in mano, o il Kalashnikov (Repubblica), in effetti la prima cosa a cui abbiamo pensato apprendendo che fanno lavori come l’art director, la pr, la copy e la cacciatrice di teste (tutti veri lavori proletari). Fortuna che c’è La Stampa, pulsante organo della sempreverde razza padrona, a insufflare nei lettori aria di rivoluzione. Ieri, mentre pensavamo con nostalgia alle magnifiche sorti e progressive forse sfumate, il quotidiano che abbracciò l’impresa della marcia dei (delle?) 40 mila ha intervistato una delle madamine, segnatamente la cacciatrice di teste, la quale col linguaggio stringato dei fucilieri ha comunicato che lei e le altre tetragone eredi di Rosa Luxemburg e Aleksandra Kollontaj sono pronte “ad aprire la fase 2” dell’operazione “Sì Torino va avanti”. Su questa fase 2 la compagna Ghiazza è chiara: “La fase uno è stata la spontaneità”; adesso “è ora di essere meno tenerine, sempre educate, ma più assertive. Meno garbate”. Che vogliano davvero imbracciare il Kalashnikov? A domanda tremante del cronista: “Volete essere il motore di un nuovo movimento?”, la sub-comandante Ghiazza risponde: “Vorremmo contagiare, portare questa scintilla altrove”; indi rivendica il ruolo sovversivo della competenza in quest’epoca di barbarie: “Abbiamo sempre aspettato di avere tutti 30 e lode prima di alzare la mano”, ed è la stessa che dalla Gruber aveva candidamente ammesso: “Non siamo tecnici, non conosciamo le problematiche che riguardano la Tav, ci fidiamo di quello che hanno detto i governi precedenti”.
Insomma per La Stampa l’onda che tra le sue leader conta una presidente del Rotary Torino Est può fare l’opposizione. È inutile fermare il progresso. Al Corriere che le chiede: “Allora, al contrario di quel che dice Grillo, la Tav esiste?”, madama Castellina risponde: “La Tav c’è. C’è una galleria geognostica”, che è come dire che dal momento che hai fatto una Tac al cervello tanto vale che si proceda alla lobotomia. Anche se “contagiare” è verbo rivelatore di quel pisapismo da zona C o quadrilatero romano che impedisce alla sinistra di fare la benché minima paura ai padroni, forse perché alla lotta di classe preferisce il reciproco vezzeggiamento, c’è un passaggio dell’intervista alla Marcos di Porta Palatina che ci provoca un’extrasistole di puro fervore. Quando il cronista chiede se “le piacerebbe avere degli uomini del Sì”, Ghiazza ammette: “Spero succeda presto”, e basta spostare gli occhi in cima alla pagina, dove campeggia la foto del corteo, per rendersi conto che il 98% dei 30 mila Sì-Tav è composto da maschi ultrasettantenni, tutti chiaramente umarell che non vedono l’ora che apra un cantiere qualunque e saprebbero consigliare gli ingegneri su quali materiali, scavatori e tecniche usare per costruire la Torino-Lione.
Mattarella si sbrighi a incontrare le madamine, prima che in casa Sì-Tav comincino a volare i foulard di Hermes.
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