sabato 17 novembre 2018

Confusione


Ribollio, eterno e perpetuo ribollio m'offuscano sinapsi, per altro già di per sé lente e latentemente rinsecchite. 
Cerco il bandolo ma la matassa nel contempo s'ingigantisce: Moscovici e compari stanno per iniziare una battaglia apparentemente legale, come i patti firmati a suo tempo convalidano. Rigurgiti ancestrali però s'insinuano nelle pieghe del mio essere, scatenando una lotta pregna di dubbi e di domande: se è vero, lo dovrebbe, che una manovra rivolta ai cosiddetti ultimi stia per essere rigettata, conseguentemente dovrei essere portato a cogitare che questa non rappresenti una necessità primaria. Se Bruxelles, come mai prima d'ora, richiamerà l'Italia ufficialmente, innescando la procedura d'infrazione, è chiaro e lampante che coloro che attualmente sono in difficoltà, per mancanza di lavoro ed per altre tragedie affini, dovranno definitivamente ristagnare, silenti, nella miserrima condizione. Perché ce lo chiede anzi, lo pretende l'Europa, che siamo anche noi. 
Come dicevo, qualcosa non mi torna: se le proiezioni, i calcoli, gli scenari degli anni che verranno incutono già fin d'ora apprensione, se il ritorno a galla è previsto tra cinque, sei, forse sette anni, domando a non so chi: "scusatemi, perché la taratura di questa economia non è ad altezza uomo?" 
Mi spiego: dice un verso dei salmi che gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti. E' vero che immediatamente dopo, quel passo biblico preannuncia pure una granitica verità: "ma quasi tutti sono fatica, dolore." Ma è nel finale che si srotola quello per cui mi vien ora da scrivere: "passano presto e noi ci dileguiamo." 
Sono fatica, sono dolore, questi anni, anche se non per tutti; passano però in fretta, lo spazio temporale è tremendamente ristretto ed infine ci polverizzeremo tutti. Ecco la cresta, il raggio insufflante un'amara verità: abbiamo, meglio hanno, tarato le regole su una scala temporale che non ci appartiene, dove non entriamo con la nostra biologica esistenza. Progetti, percorsi finanziari sono rivolti al domani lontano, ad un futuro probabilmente vissuto da un terzo della popolazione. Gli esclusi da un decoroso agio, da una svolta per un miglioramento di esistenza non gli appartiene, non è cioè rivolto a coloro che hanno superato i cinquanta, men che meno per gli anziani, termine che puoi anche posticipare dai settanta in giù, ma non che modifica lo sfondo: l'architettura umana insita nella forma attuale di finanza globale, non si confà assolutamente al ritmo umano, alle sue aspettative ristrette nel tempo, all'avvicendarsi fulmineo delle stagioni, guardate il calendario per crederci: siamo nuovamente a Natale. Sembra un'oscura ricerca e convalida della voglia di pochi, che definirei "riccastri", all'immortalità, riposta nella pantagruelica e vergognosa smania di accaparrar risorse di pochi, scatenante soprusi su molti. 
Che cavolo fai programmi a lustri, che minchia confabuli e prospetti progetti di ristrettezze se in una manciata di giorni passa la gloria e la vita da questo mondo? 
Certo, la vita è adesso, al massimo domani! Devi operare nel breve, devi sparigliare gli abusi, le gogne rapto-finanziarie, auscultare il lamento di tanti, troppi, che vedono sfrecciare treni senza la possibilità di salirvici sopra. Devi ri-tarare, ri-distribuire, ri-valutare, ri-calibrare. Quante vite abbiamo visto lasciare questa terra senza averne vissuto dignitosamente neppure un giorno? Quanti respiri abbiamo udito impregnati di desolazione, abbandono, solitudine? Possibile che non sia chiara a nessuno di lorsignori che su questo pianeta, su questa penisola sono presenti, e si accentuano di ora in ora, eclatanti disparità sociali? 
Che mi frega che il fondo monetario sia preoccupato per questo tentativo, maldestro che sia, di riportare un rivolo di brezza, un impercettibile ristoro, in coloro che affacciandosi nell'alba di un nuovo giorno, maledicono la propria nascita, il continuo girovagare attorno al nulla? 
Non so come si possano definire questi pensieri. Ritengo siano distanti anni luce da parole oramai démodeè come comunismo, lotta proletaria e quant'altro. Nascono e m'avviluppano solo al pensiero che in fondo in fondo diciottomiladuecentocinquanta giorni, riempiono quasi esattamente mezzo secolo. Puff!     

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