Come si dice in russo?
DI MICHELE SERRA
Per vincere, tra gli altri, un concorso di “coadiutore parlamentare” al Senato bisogna essere bravi, e certamente lo è Irina Osipova, italo-russa, interprete di lungo corso (è stata con Salvini e Savoini a Mosca) e fervente patriota putiniana. Non è dunque giusto metterla tra i miracolati dell’avvento di Meloni a Palazzo Chigi, che a frotte occupano posti pubblici di ogni ordine e grado, e nei palinsesti Rai, con grande sprezzo del ridicolo, annunciano le loro trasmissioni “contro corrente” proprio mentre navigano trascinati dalla corrente, come canoisti vittoriosi.
Non faremo a Osipova questo torto: ha sicuramente ciò che si è meritata studiando, lavorando e viaggiando. Ci permettiamo, però, questo piccolo appunto. La frase “non parlo con i giornalisti”, che le è attribuita non da un cronista d’assalto, ma dalla neutrale agenzia Adn-Kronos, non è ammissibile. Lo è in Russia, dove non parlare con i giornalisti, per altro, è più semplice: o sono in galera, o sono sottoterra, o sono in regola con il catechismo nazionalista di Putin. Ma non lo è in Italia, specie se si è dipendenti del Senato della Repubblica.
Qui c’è la democrazia, parola che Osipova sa sicuramente tradurre in russo. E se è certamente vero che alcuni giornalisti sono rompiscatole, altri scorretti, è pur vero che alle domande, qui da noi, si risponde, specie se la domanda è lecita: “come si sente, un’attivista putiniana, da dipendente di una Repubblica che non incarcera e non avvelena gli oppositori?”. Ci scusi il disturbo, Irina, e buon lavoro.
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