giovedì 6 ottobre 2022

Marco e l'arzigogolo veltroniano

 

Gli alfa privativi
di Marco Travaglio
Una sommessa preghiera a quelli che consigliano al Pd come uscire dalla crisi in cui è precipitato per aver seguito i loro consigli: abbiate pietà, abbiamo già tanti guai, munitevi almeno di un traduttore simultaneo che decritti i vostri messaggi cifrati, non ce la possiamo fare. Ieri, per dire, ha dato il suo contributo sulla Stampa il padre del partito mai nato, Walter Veltroni che, con “sguardo appassionato ma doverosamente distante”, punta nientemeno che alla “riprogettazione dell’identità della sinistra” perché “è tempo di immaginare un’altra società”. Perbacco. Insomma, “incarnare il senso di smarrimento dei cittadini”, a cui Uòlter contribuisce da par suo. Perché “è proprio questa la ‘terra’ di un partito”. Quale? “Una comunanza di sentimenti”. Come no. Purtroppo ha perso le elezioni. Anzi no: “Il Pd, più che una sconfitta elettorale, ha subìto una sconfitta politica”. Ah ecco. Però “rischia molto se non coltiva la sua identità e se non cambia profondamente”. Un ingenuo potrebbe pensare che, se deve cambiare profondamente, una identità non ce l’ha. Ma sbaglierebbe: “Torniamo alle radici: nel 2007 cercammo di dire che il Pd non era l’alfa privativo”. Alle catene di montaggio e nei mercati rionali non si parlava che dell’alfa privativo e purtroppo la gente lo scambiò per il Pd e corse a votare B., poi Lega, poi 5Stelle, poi Meloni. Non capiva, la plebaglia, che il Pd era “una bellissima identità propria, il soggetto che coniugava, senza la costrizione delle ideologie, la radicalità del riformismo con la pienezza delle libertà”. E lo confondeva con “un indistinto affetto da moderatismo”, anche perché nel frattempo Uòlter aveva imbarcato Calearo e la Binetti, di lì a poco arrivarono pure Renzi, Verdini, Alfano e Casini, e ci furono risparmiati Amedeo Nazzari e Leonardo Di Caprio solo perché il primo era morto e il secondo, dopo Titanic, non voleva fossilizzarsi nella parte di quello che affonda (copyright Corrado Guzzanti). Però dài, ora con la radicalità del riformismo e la pienezza della libertà tutto torna a posto.
Ancor più decisivo l’apporto di Luciano Violante che, su Rep, ha una folgorazione: “Ora il Pd riparta dall’opposizione”. Bontà sua. Da dove altro potesse ripartire, avendo perso le elezioni, non è dato sapere. Ma Violante la mette giù come una gentile concessione alla destra, un atto di generosità: “Per stavolta v’è andata bene, ripartiamo dall’opposizione, ma solo perché abbiamo deciso di rinunciare al governo. Invece di montarvi la testa, dovreste ringraziarci per il beau geste”. Come una vedova che, ai funerali del marito, annuncia: “Ora riparto da single”. O uno che precipita dal terzo piano e, mentre arriva l’ambulanza, strilla: “Poche balle, ora riparto dal pianterreno!”.

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