venerdì 14 settembre 2018

Chissà...


A leggere questo articolo chissà perché mi vengono in mente nomi quali Prodi, D’Alema, Violante, Gentiloni e, soprattutto Nazareno, inteso come patto stipulato tra il Bomba e il Delinquente Naturale. Chissà perché...

L’ANALISI
Ecco cosa rischia Mediaset: un salasso da 750 milioni l’anno (il 20% dei ricavi)
LE CIFRE - MERCATO DEI BRAND SBILANCIATO SULLE TELEVISIONI: IL BISCIONE PESA PIÙ DI QUANTO VALE

di Marco Palombi

- Fedele Confalonieri - Ansa
Per capire quanto Silvio Berlusconi sia preoccupato per le dichiarazioni bellicose dei grillini di governo sulla pubblicità in tv (e quante pressioni farà sull’alleato Matteo Salvini per bloccare ogni atto ostile) basta fare i conti: Mediaset rischia di perdere centinaia di milioni di euro.

A oggi il sistema funziona così: le aziende, i cosiddetti “Brand”, affidano il loro budget pubblicitario a un Centro Media che lo gestisce; per ottenerlo i Centri Media offrono al Brand gli sconti sul listino che hanno ottenuto dalle concessionarie pubblicitarie. Sembra un meccanismo di mercato, in realtà il mercato c’entra poco. Grazie alla forza politica e ad antiche alleanze commerciali abilmente mantenute negli anni - prima tra tutte quella con GroupM, il centro media del colosso WPP, a lungo guidato da Stefano Sala, che oggi è a capo proprio di Publitalia - la concessionaria di Mediaset riesce a intermediare una bella fetta della torta e, soprattutto, a convogliarne poi la maggior parte alle tv di Berlusconi.

Parliamo di soldi. Secondo i dati Nielsen, i “brand” hanno investito in Italia nel 2017 circa 6,2 miliardi di euro, di questi 3,8 miliardi (il 61%) sono andati alla solo pubblicità tv, una percentuale assai più alta rispetto alla media del resto d’Europa. Mediaset, nel bilancio consolidato dell’anno scorso, dichiara di aver ricavato dagli spot 2,1 miliardi di euro, “il 38,3% del mercato” (che quindi stima, a differenza di Nilsen, a 5,5 miliardi di euro).

Un bel risultato, che in realtà è una sorta di “miracolo” che diventa evidente se si considera il solo mercato tv: con ascolti medi stimabili nella fascia 30-35%, le tv del Biscione si accaparrano il 55-60% delle risorse (abnormi) destinate dai brand agli spot televisivi (la Rai, ad esempio, nel 2017 valeva 730 milioni).

Riportare in qualche modo la fetta pubblicitaria di Cologno Monzese alle sue dimensioni di ascolti potrebbe costare al gruppo una cifra non inferiore ai 750 milioni l’anno (il 20% abbondante dei ricavi messi a bilancio nel 2017).

Una minaccia mortale che può concretizzarsi in vari modi: quello indicato da Vito Crimi qui sopra è il sistema dei “tetti” per abbassare la quota di investimenti che va alle tv e spostarla su altri comparti (la “carta” vale in tutto 1 miliardo); un’altra via potrebbe essere quella di ridurre il potere degli intermediari (i Centri Media) facendone dei meri consulenti senza potere sui budget. È la via per aprire il mercato scelta dalla Francia, il Paese di Vivendi, il secondo azionista Mediaset.

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