mercoledì 7 maggio 2025

L'Amaca

 

La grande fuga dalla normalità
di Michele Serra
Ho visto un bel po’ di foto del Met Gala a New York, l’evento mondano più importante dell’anno per la moda mondiale. Sono rimasto al tempo stesso ammirato ed esterrefatto dall’abbigliamento delle celebrità e delle star presenti: definizione limitante, “abbigliamento”, rispetto a performance estetiche e figurative che hanno molto poco a che fare con ciò che intendiamo per “vestiti”, e “vestirsi”. Si vedevano sfilare cartoon viventi, costumi fantasy, carri di carnevale imbastiti su una sola persona, mostri spiritosi e no, post-uomini e post-donne in fuga dal corpo umano, trasmutanti, in un gioco estremo che esclude dalle sue regole una sola dimensione: quella che potremmo chiamare, con qualche rischio, la normalità.
Ovviamente è solo uno show. L’alta moda lo è da sempre. Ma — lo dico da non esperto, chiedendo scusa agli addetti — è come se lo scopo di quel gioco non fosse più il lusso tradizionale, la dimensione principesca e/o la sua parodia cafona, che è la riccanza. Ora lo scopo — ben diverso — è la fuga. Scappare via dall’umano, come se, per estensione, la cosiddetta “cultura gender” non riguardasse la trita questione del genere — se si è maschi, femmine, altre cose. Ma riguardasse proprio avere due gambe, due braccia, una faccia, quanto basta per camminare nel mondo.
Non basta più, non interessa più avere corpi perfetti, essere donne bellissime, uomini bellissimi, giovani, famosi e ricchi: è diventato scontato, noioso. Si tende all’artificio, alla manomissione, al mai visto. E se il mai visto fosse una ragazza in jeans, struccata, un ragazzo in tuta, distratto? Che tutti si voltano, guardandoli arrivare, per la meraviglia? Quando accadrà non ci sarò più, e mi dispiace, perché sarà la rivoluzione.

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