Beppe è un patrizio draghiano che ignora poveri, sanità e guerra per un “futuro” vago
DI DANIELA RANIERI
Dal video di Grillo in carro funebre, trovata a basso (?) costo per certificare la morte di qualcosa che lui vuole a tutti i costi riprendersi, abbiamo capito tre cose.
1) Egli è in buona fede: chi immagina un Grillo assetato di potere che non si fa scrupolo di distruggere il movimento contizzato per alimentare il suo ego e il suo Isee (il sospetto c’è), sbaglia. Grillo crede davvero che Conte e i suoi sodali abbiano snaturato il M5S, e ha covato per mesi il rimorso del dott. Frankenstein per la sua creatura fuori controllo. Il problema è che questi “sodali di Conte” ormai sono il 63% degli iscritti, e di ciò Grillo deve capacitarsi.
2) Grillo sostiene che gli iscritti siano stati plagiati da una “narrazione” menzognera. “Tutti i progetti che mandavo al Mago di Oz non sono arrivati perché lui non si faceva trovare. Una cinquantina di cose meravigliose”. Tipo? “Sfiducia costruttiva”, su cui Conte è sempre stato d’accordo, “legge anti-zombie cioè cambi di casacca”, idem, “legge sui condòmini, sulle assemblee non a unanimità ma a maggioranza per limitare il turismo degli affitti a 2-3 giorni, poi 2-20-20, tutela dei dati cittadini”… Sono cose da referendum di un cantone svizzero. Grillo, milionario, che ormai comunica con la gente solo in modalità broadcasting (spettacoli-video-blog), ignora la condizione degli ospedali pubblici e dei lavoratori poveri e non menziona la guerra a cui ci conducono i padroni del mondo; non ha più soluzioni per agire sulla Struttura della società, ma solo sui suoi perfezionamenti, che chiama vagamente “futuro”. Per lui il quesito sulla Sanità serviva solo a coprire quelli per far fuori lui e la regola dei due mandati. Conte non avrà ascoltato Grillo, ma magari ascolta la gente.
3) Grillo, psicanaliticamente, rimuove il motivo del distacco del suo popolo da lui: l’appoggio al governo Draghi e la relazione affettuosa con lo stesso ai danni di Conte (il soprannome “Mago di Oz” lo ha coniato per caso durante una delle sue telefonate col superbanchiere “grillino”?). Un presidente del Consiglio fatto fuori perché i patrizi dovevano spartirsi il bottino del Pnrr e prendersi il merito di aver fatto uscire il Paese dalla pandemia avrebbe anche motivo di serbare rancore al padre che si è alleato coi suoi aguzzini. E i 300 mila euro l’anno (per “comunicare”: male, come s’è visto) in un movimento ai cui eletti era d’obbligo mostrare gli scontrini del bar lo hanno reso un patrizio draghiano a pieno titolo.
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