giovedì 5 ottobre 2023

L'Amaca

 

E se provassimo con il piano B?

DI MICHELE SERRA

Dopo avere letto l’intervento di Gustavo Zagrebelsky sulla Costituzione come “via maestra”, mi è venuto un dubbio ferale. Di quelli che uno farebbe meglio a tenerseli per sé. Ma ormai è troppo tardi, sono già alla quinta riga.
Il dubbio è questo: che questa Costituzione, per noi popolo italiano, sia “troppo”. Cioè che indichi non solamente obiettivi sociali, ma anche comportamenti, maniere e perfino un linguaggio (la Costituzione è scritta in un italiano di magnifica limpidezza, antiretorico e dunque inapplicabile dai quattro quinti della politica e del giornalismo) che sono al di fuori della nostra portata. Non perché siamo cattivi, o maldisposti: ma perché, con tutta la buona volontà, non ce la potevamo fare.
Secoli di soggezione ai signorotti e ai preti, poi un bagliore di modernità con il Risorgimento, l’unità nazionale e l’Italietta liberale, poi la mazzata tremenda del fascismo e della guerra. Come pretendere che un popolo che aveva appena un’infarinatura di democrazia, scarsamente alfabetizzato, prevalentemente povero, fosse nelle condizioni di darsi una classe dirigente all’altezza di questa illuminata, virtuosa Carta?
I padri costituenti hanno peccato per eccesso: di speranza negli italiani e di fiducia nelle capacità auto-rigenerative della neonata democrazia. Bisogna che nuovi costituenti, assai più mediocri (non si faticherà a individuarli) progettino una carta più andante, una specie di “piano B” con obiettivi di corta gittata, fondato su princìpi più deformabili, su un’etica meno adamantina, su un’idea di Stato un poco più sciatta e bonacciona. Così che, quando i nuovi costituzionalisti ci parleranno della nuova Carta, si possa dire, in buona armonia con loro: in fondo basta la salute, tutto il resto è troppo complicato.

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