mercoledì 19 luglio 2023

Robecchi

 

Gita a Pompei. La propaganda ridicola e fascio-dadaista del governo Meloni
di Alessandro Robecchi
Comincio a diventare un estimatore di questo governo, perché nella vita ho visto poche cose più esilaranti del viaggio a Pompei, del treno per Pompei che parte da Roma una volta al mese – poi corretto a una volta alla settimana per non farci ridere troppo – e se lo perdi ti devi rifare una vita alla stazione Termini. Più rappresentative ancora di questo governo, le foto della delegazione ai massimi livelli (il ministro della Cultura e la presidentessa del Consiglio), ritratta a Pompei, con una temperatura percepita di centonove gradi, tutti in giacca a cravatta, con il portavoce Mario Sechi promosso a portaombrelli per fare ombra, la faccia di quelli che darebbero un braccio per una gazzosa, e le quattro banalità su treni, cultura e, naturalmente, Pompei. Con tutto il rispetto, nemmeno Fantozzi avrebbe fatto meglio, e confesso che davanti a quella foto – quattro o cinque capataz con la regina in mezzo, sotto il sole – mi sono figurato le allucinazioni da caldo del ragionier Filini vestito a Pompei in luglio come a un matrimonio a Cortina in dicembre, salivazione azzerata, mani: due spugne.
Per fortuna i giornalisti erano chiusi in un vagone piombato, che non gli venisse in mente di fare qualche domanda, mentre una domanda, francamente, ci stava: da Roma Termini si prende un treno per Napoli e poi la Circumvesuviana che ti lascia proprio davanti agli scavi: che senso ha questo circo per risparmiare meno di un quarto d’ora?
Nessuno l’ha fatta, peccato. Alla fine parevano le poderose armate del duce, che per sembrare numerose facevano cinque giri attorno all’isolato, e la gente schierata e plaudente diceva: “Ma, cazzo, Gino è già la quinta volta che passa qui davanti con la baionetta!”.
Ora, frementi e gioiosi, aspettiamo altre prove di alta propaganda, che so il treno diretto per l’Agenzia delle Entrate, con Salvini che fa il buttafuori. Non prendetelo! Non salite! Oppure un grande treno popolare per portare i possessori della nuova carta annonaria regalata ai poveri a far la spesa. Un euro al giorno per le famiglie di tre persone con cui comprare pesce fresco sì, pesce surgelato no, zucchero sì, sale no, una cosa che persino i Monty Python avrebbero detto: no, questo è troppo! E invece. Invece bisogna imparare a considerare la propaganda come arte surrealista, prova di sublime dadaismo, come la trovata delle conferenze stampa senza domande o dei video promozionali al posto delle comunicazioni istituzionali. C’è del tiktokkismo nell’aria, dove al posto del premier abbiamo una influencer che ai vertici internazionali si lamenta di quanto sono scomodi i tacchi e chiede affranta ai consiglieri: “Quanto manca?”. Così, pare che ogni decisione, ogni comunicazione, sembri studiata per annullare la figuraccia precedente: il treno per Pompei era un colpo da maestro del ministro della Cultura per cancellare la figura barbina allo Strega, per dire, e ora servirà un altro colpo da maestro per cancellare la figura barbina del treno per Pompei e via così, all’infinito. Divertente. Il tutto mentre compriamo otto miliardi di carri armati, perché abbiamo paura di essere invasi da qualcuno, chissà da chi, forse da quelli che aspettano il treno diretto Termini-Pompei.
Alla fine tutto è andato benissimo: nessuno è stato ricoverato per insolazione, forse grazie al mega-ombrello antisole brandito dal portavoce, i turisti in canotta e bermuda hanno goduto dello spettacolo delle istituzioni incravattate, e la cultura del Paese, pardon, della Nazione, ne è uscita rafforzata, grazie all’indomita azione del governo. Alalà.

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