sabato 15 luglio 2023

Ignazio

 

Ignazio l’Ignaro
di Marco Travaglio
“L’uso dell’immunità e soprattutto l’abuso del diniego dell’autorizzazione a procedere vengono visti dai cittadini e dall’autorità giudiziaria come una sorta di strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia”. Chissà se Ignazio La Russa è d’accordo con Ignazio La Russa. Già, perché queste parole le sottoscrisse lui, in una nota congiunta con Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri, nel maggio ’93, quando la Camera discuteva l’abolizione dell’autorizzazione a procedere, allora necessaria persino per indagare su un parlamentare. Parole che avrebbe dovuto ripetere quando suo figlio Leonardo Apache fu denunciato per stupro da un’ex compagna di scuola e i magistrati tentarono di acquisire il cellulare del giovane. Ma scoprirono che la carta sim è intestata all’altro figlio del presidente del Senato, Geronimo, titolare dello studio di cui Ignazio è socio. E si posero il problema se poterlo utilizzare o no senza l’ok del Senato. Molti giuristi dubitano che l’immunità telefonica dei parlamentari si estenda a chiunque utilizzi telefoni a loro intestati: altrimenti qualsiasi eletto potrebbe intestarsi carte telefoniche e regalarle a fior di criminali per consentire loro di parlare dei loro delitti lontano da orecchi indiscreti e farla franca. Figurarsi per i telefoni di loro studi o società. Ma il presidente del Senato avrebbe dovuto anticipare la Procura, senza aspettare il sequestro di ieri sera: ripetendo le parole di 31 anni fa, spogliandosi dello scudo e precipitandosi in Procura a consegnare la sim.
Avrebbe fatto un figurone. Sia perché avrebbe cancellato il sospetto di voler nascondere eventuali prove di colpevolezza e di ritenere che la legge sia uguale per tutti tranne che per Leonardo Apache, investito di un’immunità contagiosa per via successoria di padre in figlio. Sia per la ragione opposta: se è vero che, dopo le indagini da lui stesso condotte, è giunto all’ormai celebre sentenza definitiva di assoluzione (“Dopo averlo a lungo interrogato, ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante”), che cosa gli saltava in mente di sottrarre ai pm le prove decisive dell’innocenza del pargolo? Il Fatto glielo domandava da due giorni, ma invano. Ieri, invece di ringraziare per il consiglio che gli avrebbe salvato la faccia, La Russa ha lanciato la solita minaccia di querele, seguita dalla non risposta dell’avvocato del figlio, Adriano Bazzoni: “È un tema che non ho attenzionato e non abbiamo affrontato assieme, aspettiamo rispettosamente l’esito delle indagini ”. Così, mentre aspettavano, i cittadini e l’autorità giudiziaria hanno pensato a un abuso del diniego dell’autorizzazione a procedere come strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia.

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