lunedì 5 dicembre 2022

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Trofei truccati. Ad Armstrong tolsero sette Tour. Alla Juventus toglieranno tre scudetti?
di Paolo Ziliani
Se date un’occhiata all’albo d’oro del Tour de France, dal 1999 al 2006 troverete per sette volte la dicitura “Non attribuito”: motivo, erano stati vinti da Lance Armstrong che però – lo si scoprì dopo – l’aveva fatto dopandosi, ingannando, violando le regole. Ebbene, se le accuse della Procura di Torino nei confronti della Juventus e dei suoi dirigenti dovessero risultare fondate – e il sospetto è grande vista l’enorme mole di prove raccolte –, non si capisce come gli scudetti conquistati dalla Juve negli anni 2018, 2019 e 2020, le tre stagioni messe nel mirino dagli inquirenti e durante le quali il club avrebbe truccato i suoi bilanci in maniera sistematica, possano rimanere nell’albo d’oro ora che anche la dormiente giustizia sportiva FIGC è entrata in possesso dello scottante incartamento.
Nei giorni scorsi persino la Liga di Spagna ha chiesto all’UEFA sanzioni contro la Juventus che ha giocato in Europa in spregio a ogni regola, ma da noi niente, tutti dolorosamente silenti. Strano, perché se i magistrati torinesi non sono impazziti qui c’è un club che ha fatto sparire in tre anni 216 milioni di perdite (e stava perseverando: Agnelli è stato fatto fuori per evitargli l’arresto per reiterazione di reato e altri guai per il club), che ha pagato i calciatori con soldi elargiti sottobanco al di fuori dei contratti depositati in Lega, che ha iscritto a bilancio plusvalenze per centinaia di milioni mai entrati in cassa e via barando. Possibile che qui nessuno faccia una piega?
Nella lettera ai dipendenti juventini inviata nel giorno delle sue dimissioni, Agnelli ha fatto la vittima dipingendosi come dirigente innovatore, visionario e incompreso, e citando Nietzsche ha scritto: “E quelli che ballavano erano visti come pazzi da coloro che non potevano sentire la musica”. Tutto molto bello. Se non fosse che i balli del principe Andrea erano in realtà autentiche porcate, danze macabre su musiche sinistre. Parliamo del cha cha cha dell’inchiesta Alto Piemonte e della ’ndrangheta che gestiva biglietti e bagarinaggio allo Juventus Stadium; della mazurca degli striscioni inneggianti a Superga (“Quando volo penso al Toro” e “Solo uno schianto”) introdotti allo stadio nel derby dal security manager e uomo di fiducia di Agnelli, Alessandro D’Angelo, e da Raffaello Bucci, poi assunto nel settore “Rapporto col pubblico” e un giorno, in piena inchiesta, caduto chissà come da un ponte e deceduto (intercettazione, D’Angelo appena scoperto racconta a Bucci: “Sono arrivato su dal presidente. Mi ha detto: Ale sei un ciuccio, ti hanno beccato; ma a me va benissimo, tu puoi fare quello che vuoi. Anzi, se me lo dici ti aiuto”); parliamo del mambo dell’esame farsa di Suarez all’Università di Perugia con la Juve, a caccia della cittadinanza italiana per il campione ex Barça, che scomoda la ministra dei Trasporti De Micheli e col suo aiuto il capo gabinetto del ministro dell’Interno Frattasi; parliamo del valzer della Superlega, con Agnelli che pur vestendo i panni di presidente dei 245 club dell’ECA (associazione club europei) trama nell’ombra con due presidenti di sangue blu per dar vita a una competizione chiusa e riservata a soli eletti, creatura morta nella culla nel compatimento, nell’ilarità e nel disprezzo generali; parliamo del tango delle plusvalenze fittizie e degli stipendi occultati e poi svelati dai magistrati, un tango finito col più classico dei casquè, ma con la dama (anzi, Madama) rovesciata all’indietro senza più nessuno in grado di sorreggerla. Anzi no: si è subito fatto avanti Gravina. Quando si dice i gentiluomini di una volta.

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