Premier a sua insaputa
di Marco Travaglio
Martedì a Cartabianca Calenda ha sbroccato con Luisella Costamagna: “Questa non è una domanda, è un’aggressione!”. Invece era una domanda, ma lui non poteva rispondere. Luisella gli domandava se Draghi l’avesse mai autorizzato a candidarlo a premier per il dopo-elezioni. La scena s’è ripetuta l’altroieri a In Onda, quando Gomez ha domandato alla Gelmini se abbia mai chiesto a Draghi il permesso di indicarlo come premier. Anche la poverina s’è arrampicata sugli specchi, tirando in ballo un’altra carica istituzionale – la prima – che mai l’ha autorizzata a farlo: “Il presidente Mattarella l’ha convinto già una volta, potrebbe accadere di nuovo…”. Questi disperati di Azione-Iv, oltre a non avere voti (sono inchiodati al 5-7%, la somma dei due partiti dal 2020), non hanno neppure una faccia (sono tutti voltagabbana eletti in altri partiti). Quindi prendono a prestito quella del premier, che da dicembre ha fatto di tutto per fuggire da Palazzo Chigi e ora che ci è riuscito non ha intenzione di tornarci, anche perché dovrebbe rimediare al suo dolce far niente. Ma, siccome è vanitoso, adora sentir evocare il suo nome, financo dallo statista dei Parioli e da Matteo d’Arabia. Meglio di loro c’è solo Letta, che conosce le intenzioni di Draghi e si guarda bene dal ricandidarlo a Palazzo Chigi. Ma teme di perdere altri voti candidando se stesso, visto che fu premier nel 2013 (con FI prima, durante e dopo la condanna definitiva di B.) e i pochi che lo ricordano sanno che non combinò nulla per nove mesi, salvo levare l’Imu ai ricchi e tentare di scassinare la Costituzione. Così fa il vago: “Non possiamo permetterci di mandare Draghi in pensione: sono convinto che giocherà un ruolo importante per il nostro Paese anche dopo”. E quale, di grazia, visto che non concorre a cariche elettive, il governatore di Bankitalia l’ha già fatto, il ministro sarebbe una diminutio e il Quirinale è occupato fino al ’29? Presidente del Coni? Della Federcalcio? Della Croce Rossa? Se non fosse italiano, sarebbe perfetto come ambasciatore americano a Roma.
E così, a 22 giorni dal voto, non si sa chi sia il candidato premier del Pd. E neppure di Salvini e B., pronti a tutto pur di sbarrare la strada alla Meloni. Che resta la candidata della Meloni. Più semplice il compito dei 5Stelle che, non avendo momentaneamente liti intestine né alleati rissosi, indicano il leader Conte, che il premier l’ha fatto due volte. Sarà un caso, ma gli unici due partiti che salgono nei sondaggi sono quelli che indicano il loro leader come premier: FdI e M5S. Nessuna legge obbliga gli altri a farlo, ma in questo gran casino gli elettori apprezzerebbero. Purché i candidati premier sapessero di esserlo, fossero d’accordo e lo dicessero.
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