domenica 5 giugno 2022

Marco e la Contessa


Per arrotondare 

di Marco Travaglio 

Da quattro anni, come voi ben sapete, ci occupiamo assiduamente della presidentessa del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Per i seguenti motivi: il doppio ruolo di seconda carica dello Stato e vestale del berlusconismo con grave sprezzo del ridicolo fin dai tempi di Ruby nipote di Mubarak; il vitalizio extralarge; la passione per i voli di Stato; le missioni internazionali concomitanti con i concerti del figlio; e, per par condicio, gli aiutini alla figlia a spese dei contribuenti. Stupefatta perché almeno un giornale trovava tutto ciò degno di nota, la presidentessa ci minacciò di azioni legali nel caso insistessimo e poi, siccome insistevamo, ci fece causa al Tribunale civile di Padova. Chiedeva almeno 150mila euro per alcune decine di articoli, lamentandone oltre 200 a riprova della “campagna di stampa” e dello “stalking mediatico” per diffamarla e farla soffrire. Ci siamo difesi portando le prove di tutto quanto avevamo scritto e ora il giudice riconosce che “i fatti storici narrati sono veri”, “la critica è legittima”, “non si vede quale sia il contento diffamatorio”: sul vitalizio extralarge (comprensivo – caso unico nella giurisprudenza domestica del Senato – dei quattro anni al Csm); sul giro del mondo al seguito del pargolo musicista; sulla resistibile ascesa della figlia esperta di bici. Quindi il giudice “esclude la campagna mediatica” diffamatoria.
Ma alla fine le dà un contentino perché (in 200 articoli) abbiamo usato tre vocaboli: “bestemmia” (il “perdio” sfuggito alla gentildonna), “marchette” (i sospetti di favori ai rampolli) e “minacce” (i preavvisi di azione legale recapitati a domicilio a due nostri cronisti, mentre il sottoscritto, ritenuto meno impressionabile, li ricevette in redazione). E ci condanna ad arrotondare lo stipendio e il vitalizio della statista padovana: “5.000 euro per l’utilizzo del termine ‘marchette’, 10.000 per gli articoli sulle minacce e 10.000 per l’articolo sulla bestemmia”. Ovviamente appelleremo questa (minuscola) parte di sentenza, perché rivendichiamo il diritto di sentirci minacciati da una minaccia di azione legale; quanto a “bestemmia” e “marchette”, siamo in buona compagnia del Dizionario Treccani. Che definisce “perdio” come “imprecazione, bestemmia”. E “marchetta” (molto usata nel gergo politico) come “piccola marca” e, per estensione, lavoro non impegnativo fatto per compiacere qualcuno…”. Per domenica prossima i “garantisti” ci hanno apparecchiato cinque referendum: quattro pericolosi, uno inutile, nessuno garantista. Il minimo sindacale del garantismo dovrebbe consentire a chi scrive la verità di usare le parole che vuole e di essere risarcito da chi lo denuncia con accuse false. Invece, nella patria del diritto, accade il rovescio.

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