venerdì 1 ottobre 2021

Tomaso

 

L’ignavia del Pd a Orbetello: destra e sinistra sono uguali
di Tomaso Montanari
La sinistra si è fermata a Orbetello. Nella bella cittadina etrusca e poi spagnola dell’ultimo lembo meridionale di Toscana, il Partito democratico è riuscito nel capolavoro di sbagliare formalmente la presentazione della lista alle Comunali di dopodomani: e così prima il Tar e poi il Consiglio di Stato non hanno potuto che certificarne l’esclusione.
Ma non è qua che si è fermata la sinistra, bensì subito dopo, nella linea politica scelta dal Pd locale: che “lascia liberi gli elettori”, decidendo di non dare nessuna indicazione di voto. Con l’ormai ex candidato Mario Chiavetta che dichiara alla stampa di sentirsi “equidistante dalle due liste” che rimangono in lizza: in assenza dei 5 Stelle, una civica collegata a Sinistra Italiana e una apertamente di destra (con candidati espressi dalla Lega e da Fratelli d’Italia).
In pratica, un’esortazione al non voto, alla scheda bianca o nulla: un chiamarsi fuori dalla politica che tradisce un’idea barbarica della democrazia.
Si sbaglierebbe a liquidarlo come un pittoresco incidente provinciale. Alla lettera in cui un piccolo gruppo di due professori (compreso chi scrive), uno scrittore e una ex sindaca chiedeva a Enrico Letta una spiegazione, il segretario non ha risposto se non con una sibillina frase in un’intervista: “Certo non possiamo appoggiare la destra dopo quello che è successo alla nostra lista”. Invece della risposta alla domanda naturale (“perché diavolo non appoggiate la sinistra?”), una specie di excusatio non petita rivolta a chi si aspettava che il Pd appoggiasse la destra.
Unica voce dissenziente nel partito, quella libera e responsabile di Gianni Cuperlo, che ha dichiarato che “se succede che in un comune la lista del Pd non venga ammessa per dei vizi procedurali, la conseguenza non può essere astenersi da una scelta di campo. E ciò anche dinanzi a divisioni e differenze che possono avere attraversato una alleanza larga di centrosinistra… E se a misurarsi nelle urne sono una candidatura di sinistra e un’altra sostenuta dalla destra la scelta dev’essere netta: si vota la candidatura espressione della sinistra e ci si batte per sconfiggere la destra e i suoi valori regressivi sul fronte della libertà e dei diritti. Questo io farei oggi a Orbetello chiedendo a Sinistra Italiana di favorire nel merito del programma il percorso dell’unità. Possiamo farlo anche raccogliendo gli appelli giunti da più parti. Penso che molti dal più grande partito del centrosinistra questo si attendono”.
Cuperlo ha ragione: in molti se lo attendono. Ma il silenzio di Letta fa intendere che questa attesa sarà vana: la sua dichiarata aspirazione a un partito che tenga insieme gli interessi dei padroni e quelli dei lavoratori (che in qualsiasi sana democrazia devono invece potersi affrontare in incruento conflitto) fa capire che la formula del governo Draghi – cioè quella di un governo di destra, con la destra – non sia affatto emergenziale o transeunte, ma rappresenti per molti dirigenti del Pd un traguardo da difendere.
Sterilizzare la democrazia, seppellire la politica, rinunciare a ogni visione alternativa del Paese e della società, garantire a oltranza lo stato delle cose, cioè i rapporti di forza esistenti: sembra proprio questa la vocazione del Pd come è fotografata dalla svolta di Orbetello.
C’è però ancora una via d’uscita: nella tradizione italiana la salvezza viene spesso dai margini, non dal centro. Gli elettori del Pd di Orbetello possono ancora fare la differenza: votando secondo coscienza democratica, contro una destra il cui vero volto fa davvero spavento. Sarebbe una splendida lezione.

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