Tamponi e dottori: ecco perché Gallera dovrebbe scusarsi
di Selvaggia Lucarelli | 4 APRILE 2020
Potremmo aspettare che tutto finisca e tirare le somme quando l’ultimo mucchietto di cenere sarà consegnato, quando avremo un vaccino che ci restituirà gli abbracci e i Pronto soccorso torneranno a essere affollati di malati immaginari. E invece, spiegare cosa c’è che non va a chi ha il compito difficile di tirarci fuori da questo inferno, è qualcosa che va fatto oggi, perché è oggi che siamo appesi ai bollettini, alle speranze, alle buone a alle cattive notizie. È oggi che quello che si fa, che quello che si dice, fa la differenza. Domani, al massimo, sarà tutto un esercizio di memoria. Un chiedere il conto a pranzo finito da troppo tempo, quando ci sarà stato il tempo di digerire, di assolvere, di voltare pagina. Gallera, Fontana, Borrelli e chi oggi interpreta grafici, chi ci parla alla tv e taglia nastri, perfino, deve sapere cosa avrebbe potuto dire – non dico fare – per rendere tutto meno penoso a chi sta a casa.
Quel qualcosa è la trasparenza, perché il gioco delle tre carte è stato fatto troppe volte. Lo studio, perché saper interpretare i grafici o dare consigli sanitari è solo questione di studio. Il coraggio, perché certe volte bisogna ammettere di non avere sempre il controllo del timone, per essere credibili. Non si è mai visto, in chi sta gestendo l’emergenza in Lombardia, nulla di tutto questo. Anziché dire “Siamo stati fortunati che sia accaduto in Lombardia, chissà cosa sarebbe accaduto se tutto questo fosse successo altrove”, cercando il confronto col compagno di classe che ha la media del 3, Gallera avrebbe potuto dire: “Senza una prevenzione e col virus che si è diffuso senza che ce ne accorgessimo, la sanità lombarda si trova adesso ad arginare qualcosa di troppo grande perché nei prossimi mesi possa esserci spazio per vantarsi di qualcosa. Una sanità di cui vantarsi è quella che anticipa la corsa all’ultimo respiratore, non quella che ne compra a centinaia mentre tanti cittadini che potevano essere salvati stanno morendo”.
Avrebbe potuto dire, Gallera, la verità sui tamponi, sulle mancate mappature dei contatti, sulle difficoltà nel contenimento anziché andare in tv a raccontare che i tamponi in Lombardia si fanno anche a quelli con sintomi lievi. Bastava dire la verità: “Vorremmo fare i tamponi a tutti, soprattutto ai sintomatici, ma la Lombardia ha 10 milioni di abitanti e per quello che ne sappiamo i contagiati potrebbero essere anche il 25% della popolazione, ovvero 2 milioni e mezzo di persone, di cui molte con sintomi. Non abbiamo tamponi per tutti, e sì, lo sappiamo, tra quei ‘tutti’ ci sono anche persone che stanno male e che non riusciamo ad aiutare come vorremmo. E anche se li avessimo, i tamponi per tutti, non ci sarebbero neppure laboratori a sufficienza per elaborare così tanti dati in un numero di giorni accettabile per una diagnosi. E se pure ci fossero tamponi e laboratori, non avremmo così tanti medici disponibili ad andare nelle case dei malati perché non ci sono dpi e non vorremmo mai che chi fa i tamponi si ammalasse a sua volta, o facesse ammalare persone magari già debilitate per altre ragioni. Ce la metteremo tutta, faremo del nostro meglio, salveremo più vite possibili, ma avverranno cose tante ingiuste quanto ineluttabili. Cercheremo di aggiustare il tiro più velocemente possibile, almeno nella seconda fase in cui avremo imparato dagli errori e la situazione sarà più gestibile. Perdonateci”.
Avrebbero dovuto, Gallera o Fontana, non definire medici e personale ospedaliero “eroi”. Dire “eroi” a medici, infermieri, oss, addetti alle pulizie degli ospedali spettava a noi cittadini, al limite. Gallera e Fontana avrebbero dovuto dire “Chiediamo scusa ai medici per averli resi eroi. Dovevano essere solo persone che facevano il loro mestiere in una situazione di massima emergenza e invece li abbiamo mandati allo sbaraglio, talvolta a morire, senza protezioni, senza linee guida, senza protocolli omogenei ed efficaci fin dalla vigilia di questo orrore”. Avrebbero dovuto dire, Gallera e Fontana, anziché quei “sono molto preoccupato” o “vedo segnali positivi” a 24 ore di distanza, un qualcosa che somigliasse a una frase così: “I numeri che noi o Borrelli vi leggiamo ogni giorno sono imprecisi e alterati. Quelli dei morti non tengono conto delle persone morte in casa o altrove senza aver fatto il tampone. Quelli dei contagiati non tengono conto degli asintomatici e di chi avrebbe i sintomi, ma non riesce ad avere un tampone e variano perché ci sono giorni in cui facciamo più tamponi. I guariti non sono guariti ma sono i dimessi, positivi o negativi che siano. Quelli della terapia intensiva, in definitiva, sono sempre gli stessi non perché la situazione non vada migliorando, ma perché quando si libera un posto o cento, ci sono cento persone che attendevano di avere una possibilità in più per sopravvivere. Scusateci, se i nostri numeri non riescono a fotografare la realtà con nitidezza, ma ci sono così tante macchie scure in un’epidemia che per imparare leggerle ci vuole tempo. Scusate se vi abbiamo detto ‘state a casa’ anche quando sareste dovuti essere in un letto d’ospedale. Non ce l’abbiamo fatta”.
E invece, un mucchio di alibi, bugie, rimpalli e manipolazioni.
Tutte cose imperdonabili. Perfino più dei morti.
Nessun commento:
Posta un commento