Il Cinema americano ha modificato la sua linea politica: dal vestire come cattivi i poveri pellerossa (con John Wayne che li sterminava facendoci godere all'epoca perché incoscienti e disinformati sul trasloco forzato a cui furono obbligati i poveri indiani, che lasciarono terre e vita), gli Usa si sono trasformati in buonisti, leccando poteri forti a cui devono moltissimi dollari.
E' il caso di "The Martian" film di Ridley Scott con Matt Damon. Curato nelle scenografie, ottimo nella regia ed fluido nella narrazione, a mio parere si genuflette un po' troppo verso il potere cinese a cui i stelle&strisce tra l'altro debbono qualcosa come 1317 miliardi di dollari.
Infatti fa un certo effetto vedere nel film come da un errore di progettazione della Nasa e la successiva disperazione di Houston, arrivino istantaneamente in soccorso i neo benefattori made in China, dipinti nel film come filantropi, caritatevoli ingegneri, disponibili a partecipare ad operazioni coinvolgenti tutta l'umanità, bugie colossali visto la continua limitazione delle libertà individuali in Cina, la chiusura ad ogni richiesta di collaborazione fattiva in ambito d'inquinamento, per via dell'apatico menefreghismo con cui i cinesi affrontano tali problematiche ("chezzi ameri" detta alla Banfi) infischiandosene del conseguente riscaldamento globale.
Ma si sa, il soldo ed i debiti abbattono politiche e convincimenti.
Duole constatare come il buon Ridley Scott sottostia a questo diktat al miele d'acacia, a questa subdola smanceria, simile a grattare un gattino sulle ginocchia in un meriggio autunnale.
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