Il fuoco si spegne con l’acqua
di Michele Serra
La Flotilla ha vinto. Senza armi e con le mani alzate, andando incontro a una violazione annosa e incontrastata del diritto, della libertà di navigazione, dell’uso condiviso di acque che appartengono a nessuno, dunque a tutti, e sono da troppi anni sotto sequestro. Nel momento in cui gli incursori israeliani sono saliti a bordo di barche non loro, in un mare non loro, la Flotilla ha vinto. Cedendo alla legge del più forte, la Flotilla ha vinto. Mostrando le mani nude ai mitra e ai droni, la Flotilla ha vinto.
L’aspetto non violento della spedizione non è stato abbastanza detto né abbastanza lodato – come se la cultura della non violenza, in questi tempi violenti, fosse un patetico anacronismo. Al contrario quella cultura, che fu una delle forze motrici dei movimenti di liberazione novecenteschi, si è rivelata perfettamente funzionale, perché simmetricamente in opposizione allo spirito dei tempi. Per spegnere il fuoco, ci vuole l’acqua. Se così tanto se ne è parlato, di quella spedizione, se ha emozionato tanto da riempire piazze e strade come da chissà quanto tempo non si vedeva, è perché aveva un’evidenza logica ben prima che ideologica: acqua contro fuoco, cibo contro fame, pace contro guerra.
La non violenza ha una lunga storia, i suoi santi, i suoi testimoni, i suoi testi sacri. La sua potenza (di seduzione, di opposizione, di contrasto all’egemonia culturale delle armi) è in questo momento più preziosa e più necessaria che mai. Difficile dire se la spunteranno, i non violenti, anche all’interno di un movimento di massa nel cui vasto corpo troveranno buon alloggio anche le frange dei violenti, parassiti di tutte le cause, anche quelle buone. Passate parola: nell’epoca della prepotenza i violenti sono i conformisti, i non violenti i rivoluzionari.
Nessun commento:
Posta un commento