giovedì 12 settembre 2024

L'Amaca

 

Quella élite di 200 milioni
DI MICHELE SERRA
L’appoggio di Taylor Swift a Kamala Harris è stato esorcizzato dall’entourage di Trump come “la conferma che l’élite ricca è dalla parte dei dem”. L’argomento è logoro e ignora spavaldamente la realtà ben diversa che emerge dai finanziamenti elettorali dei due candidati, con Harris che prevale largamente nelle donazioni piccole e medie, tantissime e con ogni evidenza non provenienti da tasche miliardarie.
A parte questo (cioè: a parte le cose come stanno per davvero), Taylor Swift è un bersaglio molto difficile da mettere a fuoco per la propaganda di destra. Perché è, in questo momento, la persona più pop d’America e forse del mondo, con più di duecento milioni di followers, ma legge Emily Dickinson. O, se preferite, perché legge Emily Dickinson, ma è la persona più pop d’America. Perché parla bene e soprattutto scrive bene, ma si fa capire da masse sterminate di persone. Ha radici nel country, che è il genere musicale più tradizionalista e “bianco”, ma la sua fioritura artistica è arrivata a contatto con la musica indie, il pop elettronico e la collaborazione con musicisti raffinati, senza cappello da cowboy. È impossibile liquidarla come snob, o radical chic, è impossibile declassarla a puro fenomeno di massa. Per giunta, nella sua breve “dichiarazione di voto”, ha scritto una frase di micidiale semplicità e precisione: vorrebbe che il suo Paese fosse “governato dalla calma e non dal caos”. I trumpiani la temono al punto di avere confezionato, pochi giorni fa, un vergognoso falso nel quale Swift dichiarava di stare con Trump. La menzogna è merce usuale, in quei paraggi, ma non ha duecento milioni di followers.

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