La legge del più forte
di Michele Serra
Il Brasile brucia, e sta bruciando da mesi. Decine di migliaia di incendi che una siccità catastrofica favorisce, e la mano dell’uomo (o meglio, di pochi e specifici uomini) alimenta. Milioni di ettari di foresta e di zone umide (il Pantanal è la più vasta del mondo) sono una distesa di cenere. Su quelle ceneri sorgeranno nuove piantagioni di soia transgenica per alimentare quella mostuosità che sono gli allevamenti intensivi. Al posto di migliaia di specie vegetali e animali, al posto di tutto quanto la natura ha creato in milioni di anni, una sola specie nata in laboratorio. Morta la pluralità della vita, vive solo l’Uno. E l’Uno è il profitto, che ha lo sguardo corto ma le mani leste.
Sappiamo ormai tutto degli spostamenti di Maria Rosaria Boccia, poco di mutamenti così radicali, profondi, che cambiano le sorti del mondo. Ammorbano il cielo – in molte grandi città del Brasile non si respira – e assoggettano la terra a interessi privati che non arretrano davanti a nulla. In America Latina gli ambientalisti li ammazzano. La storia di Chico Mendez, sindacalista nelle foreste di caucciù, dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole del mondo: “pensavo di difendere gli alberi della gomma, poi ho capito che difendevo la foresta pluviale dell’Amazzonia, poi ho capito che stavo difendendo l’umanità”. Chico Mendez venne assassinato da due proprietari terrieri nel 1988.
Allo stato attuale delle cose, ha perso la sua battaglia. Ha straperso quando al potere c’era Bolsonaro, amico dei latifondisti. Nei primi sei mesi dopo l’avvento di Lula, la deforestazione dell’Amazzonia era già diminuita di un terzo. Cioè: continua a morire, ma più lentamente. Chissà se è una buona notizia, o la conferma che la politica, in tutto il mondo, è impotente di fronte alla legge del più forte.
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