mercoledì 11 settembre 2024

L'Amaaca

 

La voce delle spelonche
DI MICHELE SERRA
Che la signora di Viareggio che schiaccia il borseggiatore con la sua macchina (non si uccidono così anche le lumache?) abbia i suoi fan in rete, non è una notizia. Ce li ha anche in Parlamento, dove siedono, eletti con milioni di voti, fautori della giustizia privata, più spiccia a risolutiva (non c’è appello).
La giustizia sommaria, il “butta via la chiave”, le mute di linciatori che braccano il delinquente o il reietto come una preda, le folle che applaudono le esecuzioni: esistono da sempre. L’eliminazione fisica dei delinquenti fa parte da sempre del bouquet, fortunatamente vasto e vario, dei sentimenti popolari. Nei Promessi Sposi la folla inferocita, e istupidita dall’ignoranza, è una presenza tenebrosa ma inevitabile, una specie di malattia congenita dell’agire umano. I social, che sono la piazza più grande mai vista al mondo, non possono che riprodurre, anche per la legge dei grandi numeri, quel genere di ferinità a costo zero: strillare “ammazzalo!” nel coro, nel tumulto mosso dall’emotività, non rimette ciascuno alla propria coscienza, semmai la diluisce nella folla.
Sbagliamo, forse, a registrare con eccessivo sgomento queste forme, antichissime, di ferocia sociale. Dovrebbero fare notizia, semmai, la pietà per il ladro ucciso così furiosamente, le parole di chi si richiama alla legge, al diritto, ai modi che la civilizzazione si è data per affrontare il crimine. Che siano pochi o tanti - io credo non così pochi - sono la parte di umanità che ha capito di essere uscita dalle spelonche, e conta di non farvi ritorno. La voce delle spelonche va considerata un problema importante (anch’essa da affrontare nel pacchetto: “lotta al crimine”). Ma non è il caso di amplificarla.

Nessun commento:

Posta un commento