sabato 1 giugno 2024

L'Amaca

 

Come distruggere il ring
DI MICHELE SERRA
Non credo che voterei mai per un candidato che è sotto accusa per insurrezione ed è stato giudicato colpevole di avere usato fondi elettorali per comprare il silenzio di un’amante. Anche se le sue idee politiche fossero simili alle mie, non potrei sentirmi rappresentato da lui: prima della politica (che è questione soggettiva) ci sono le regole di cittadinanza, che riguardano tutti e sono uguali per tutti. Lo Stato è uno, i partiti possono essere due o mille, non importa: sono solo una parte del tutto.
Ma sono cosciente (e dobbiamo farcene una ragione in molti) che questa idea della democrazia come regole condivise e intoccabili non appartiene a molti dei nostri coevi. Non fa parte, diciamo così, del loro corredo etico e delle loro convinzioni pubbliche. Sperimentammo questa non condivisione, sia pure nelle forme blande e un poco commedianti tipiche delle nostre parti, sotto Berlusconi, acclamatissimo per comportamenti che a noi sembrarono inammissibili.
Lo stesso totale scollamento viene vissuto, in forme ben più drammatiche e gravi, negli Stati Uniti, dove Donald Trump rimane il condottiero indiscusso dei repubblicani, in teoria la parte più legalitaria della Nazione, come se il punto importante non fosse più, per loro, il rispetto della Costituzione e delle leggi, ma lo scontro frontale con i nemici dem. Così non fosse, Trump, con quel linguaggio, quei modi, le sentenze emesse e quelle pendenti, da tempo sarebbe stato messo fuori gioco dalla sua stessa parte politica. Non è avvenuto per una ragione al tempo stesso ovvia e tremenda: ci sono momenti nella storia nei quali la democrazia è molto meno importante dell’odio per l’avversario. È solo un ring da distruggere dopo l’uso.

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