giovedì 23 marzo 2023

L'Amaca

 

Un reato ambientale

DI MICHELE SERRA

Si immagina la sorpresa dei tre tifosi nazi della Lazio radiati a vita dallo stadio (decisione della società biancoceleste) e inquisiti per odio razziale dalla Procura di Roma. Ma perché proprio noi — penseranno i tre — visto e considerato che il saluto romano, i cori antisemiti, l’odio razziale sono una pratica di massa non solo in quella curva, ma in moltissime altre, in Italia e in Europa? Che c’è di così strano, visto che in mezzo a questi cori, a questo clima, a queste bardature e a questi striscioni noi ci siamo nati, e non è un modo di dire: proprio nati, e poi serenamente cresciuti?
Se fossi il loro avvocato invocherei l’attenuante ambientale. Da tempo immemorabile (trent’anni? quaranta?) le curve godono di una sostanziale extraterritorialità. Non vigono, in quei luoghi, le leggi in vigore altrove. La casistica di violenze e illegalità è chilometrica, impossibile da riassumere. Limitiamoci a ricordare che un derby romano fu interrotto su decisione dei capi ultras (che diedero direttive, per l’occasione, alle autorità della capitale) e che la curva dell’Inter fu sgomberata a forza, pochi mesi fa, da un gruppo ultras per onorare la morte del loro capo storico, un boss del crimine.
Uno dei tre nazisti laziali venne inquisito nel 2009 (quattordici anni fa!) per invasione di campo. L’impresa non gli costò, evidentemente, né il posto in curva né la solida convinzione che, in curva, la sola legge che vale è la legge del branco. E se il branco canta “finirete nei forni” lo si canta in felice sintonia. Sradicare una mala erba si può fare. Ma sradicare una foresta, cresciuta florida e indisturbata, con fior di onorati campioni che proprio sotto quella foresta, ad ogni gol, vanno a esultare? Troppo tardi, credetemi. È troppo tardi.

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