lunedì 4 aprile 2022

Tomaso e Fabrizio

 

Il cristiano è contro la guerra, ma l’alieno è papa Francesco
SON TORNATE LE CROCI SUI CANNONI - Contro tutte le armi. Non c’è posto per i nazionalismi nella cultura cristiana. Oggi lo grida il Pontefice, lo scriveva già nel 1965 don Lorenzo Milani
DI TOMASO MONTANARI
Nel Rampini che accusa il mite direttore di Avvenire di “lavorare per Putin” c’è il volto stravolto dell’Occidente che si dice culturalmente cristiano, senza più avere nulla a che fare con l’insegnamento di Cristo e che sta facendo di tutto per prolungare una guerra che sente sua e che marginalizza e silenzia la voce profetica di papa Francesco che grida: “Ogni giorno di guerra peggiora la situazione di tutti”. Degli ucraini e dei russi. Di ogni singolo corpo impigliato nel mostruoso tritacarne azionato da Vladimir Putin.
È lunga la storia del tradimento politico del Vangelo. Inizia il 27 ottobre 312: l’imperatore d’Occidente Costantino ha una visione, rappresentata proprio nel Palazzo dei papi, nella Sala di Costantino, iniziata da Raffaello e finita da Giulio Romano. Costantino vede la croce cristiana, intorno ha una frase in greco: “Con questo segno vincerai”. Così fa mettere la croce sugli stendardi e l’indomani, a Ponte Milvio, massacra, in nome di Cristo, l’esercito di Massenzio. Riprende il controllo dell’impero, si converte al cristianesimo, lega per secoli la Chiesa al potere: e dunque alle guerre per le patrie e per le bandiere. È l’alleanza mostruosa tra trono e altare. Fino a Kirill, patriarca di tutte le Russie che benedice i cannoni di Putin nella terza Roma, Mosca.
“Signore nostro Dio, aiutaci a ridurre i loro soldati in brandelli sanguinolenti con le nostre bombe; aiutaci a ricoprire i campi ridenti con le sagome pallide dei loro patriottici morti; aiutaci a sopraffare il tuono dei cannoni con le urla dei loro feriti agonizzanti…”. È la Preghiera per la guerra di Mark Twain, atroce parodia del cristianesimo americano, resa attuale dall’irresponsabile presidente Usa, un cattolico. Fare la guerra nel segno di una croce che, nelle parole ispirate di Fabrizio De Andrè, fu usata per suppliziare “chi la guerra insegnò a disertare”. Colui avrebbe potuto farsi difendere da dodici legioni di angeli, e preferì morire: dicendo che chi di spada ferisce, di spada perisce.
Dimenticando tutto questo, per secoli i cattolici hanno ucciso per la loro nazione: anche se cattolico vuol dire “universale”, perché nel nome di Gesù non c’è più schiavo o libero, giudeo o greco, donna o uomo (così san Paolo). Ma oggi un papa secondo il Vangelo lo grida a un Occidente che si dice cristiano: non c’è posto per i nazionalismi, nel cristianesimo.
L’aveva detto, nel 1965, quel gigantesco profeta che è stato don Lorenzo Milani. I cappellani militari avevano definito “un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta ‘obiezione di coscienza’ che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è̀ espressione di viltà”. Milani risponde con L’obbedienza non è più una virtù: “Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere (…). Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”. È qua la ragione per cui chi davvero segua il Vangelo non si sente legato a una patria, a una nazione – all’Occidente. Perché si sente semmai dalla parte di coloro che – in quella patria, in quella nazione, nell’Occidente – sono sfruttati, oppressi, schiacciati. Non il territorio, i confini, la bandiera: ma la dignità delle persone. (Laicamente, Virginia Woolf aveva argomentato in modo non diverso, 25 anni prima, parlando dell’impossibilità di sentirsi – come donna, e dunque umiliata ed esclusa – parte di quella patria che chiedeva il suo sostegno nella Seconda guerra mondiale). Non con il potere che massacra, ma con i massacrati di ogni giorno. Con la povera gente che perde comunque in tutte le guerre.
Don Milani rimproverava così i cappellani: “Se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi ̀secondo l’esempio e il comandamento del Signore è ‘estraneo al comandamento cristiano dell’amore’ allora non sapete di che Spirito siete!”.
Pochi giornali – tra i quali non per caso Avvenire – hanno parlato dei disertori ucraini e russi: profeti disarmati che pagano sulla loro pelle un altro modo di essere umani. Forse l’unico che può salvarci: perché “ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà … Ci salva l’aviatore che la bomba non getterà”, cantava ancora Fabrizio.

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