Disertori da aria condizionata: la lotta di Draghi a noi viziati
DI DANIELA RANIERI
Va bene che la complessità è putiniana, ma abbiamo il sospetto che il presidente Draghi abbia semplificato un po’ troppo le cose, nella sua diciamo conferenza stampa sul Def (“diciamo”, perché continua a recensire le domande e a usare il sarcasmo quando sarebbe obbligato a un registro più rigoroso). Rispondendo a Carlo Di Foggia su quale sia la posizione del governo in merito al blocco dell’import di gas russo e se c’è un piano per gestire il razionamento dei consumi energetici, ha detto: “Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Lei cosa si risponde: preferisce la pace o il condizionatore acceso?”. Rinunciare al gas russo, per Draghi, equivale a privarci di qualche comfort. Non voler entrare in guerra, scenario che si sta preparando attraverso una campagna stampa martellante e manipolatoria, significa voler stare al fresco mentre gli ucraini crepano. Lungi da noi spiegare a Draghi le conseguenze economiche del blocco del gas. Quel che interessa è capire come si permetta di prenderci tutti per scemi. La costante del suo modo di comunicare a quel popolo che è stato chiamato a governare per scienza infusa è una desolante sottovalutazione degli interlocutori: lui proferisce il verbo, quasi sempre ambiguo e sibillino; il giornalista che ha fatto la domanda incassa e porta a casa col dileggio dei fan draghisti, sedotti dalla sua albagia; il popolo subisce, intortato ex cathedra.
Draghi è forte in finanza e debolissimo in oratoria. Ricorderete quando disse: “Il Green pass dà la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiose” (s’è visto). O che si faceva somministrare il cosiddetto cocktail vaccinale, Pfizer dopo il poi ritirato AstraZeneca, perché aveva gli anticorpi bassi (mentre gli altri anziani non presidenti del Consiglio potevano tranquillamente rifarsi Az). O quando si candidò al Quirinale pretendendo di dettare la maggioranza che ne sarebbe seguita. Attenzione al frame che si sta cercando di imporre: opporsi al riarmo e all’inasprimento delle sanzioni alla Russia deriva dal capriccio da viziati di voler stare al fresco sul divano mentre piovono bombe russe (magari prendendo pure il reddito di cittadinanza). Ogni dubbio, ogni indugio, è una forma di collaborazionismo con Putin. Si dà ad intendere che fare a meno del gas russo voglia dire privarci del superfluo, non chiusure delle fabbriche, disoccupazione, arresto dei consumi, aumento dei prezzi, recessione, collasso di ospedali, scuole, magazzini, forniture, trasporti, etc. L’Alto Rappresentante per la Politica Estera della Ue Borrell ha detto che in un mese di guerra abbiamo finanziato l’Ucraina con 1 miliardo, e ne abbiamo dati 35 alla Russia per il gas. Le menti semplici ne inferiscono: allora smettiamo di prendere il gas dalla Russia e diamo più armi all’Ucraina! È il tipico pensiero binario di chi non si misura con le conseguenze delle proprie azioni. Se il governo intende affamare la Russia dovrebbe spiegare che l’obiettivo si raggiunge solo affamando prima l’Italia. Invece colpevolizza chi non condivide la propaganda bellicista, indicato come responsabile della prosecuzione della guerra. Siamo alla caccia al disertore con aria condizionata. Dopo aver adorato e perpetrato per decenni un modello di sviluppo di crescita abnorme con cui si sono sfruttate persone e risorse, la crema della crema neoliberista viene a dire ai cittadini (anche ai 6 milioni di poveri che non possono fare due pasti al giorno, figuriamoci refrigerarsi) di darsi alla decrescita felice sudando un po’. Ricordate? “È il momento di dare, non di prendere” (chiediamo ai nostri lettori di farci sapere se in tasca gliene è venuto qualcosa): trionfo del populismo in bocca al Migliore, il banchiere socialdemocratico, l’allievo di Federico Caffè che Keynes (autore de Le conseguenze economiche della pace) l’ha studiato, ma forse dimenticato all’ingresso degli uffici (condizionati) di Goldman Sachs.
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