Il suo cognome, Von der Leyen, ricorda i giocatori della magica Olanda pallonara degli anni 80, il viso e il portamento invece richiamano quelle puntigliose ed ossequiose dame impegnate in attività benefiche per ringalluzzire l'esistenza e, non si sa mai, prenotare un posto nel divenire, anelando di continuare il pacioso status che caso o chi per esso le assegnarono quaggiù.
Ma di olandese in lei non vi è nulla, essendo teutonica e già ministro della difesa di un governo Merkel.
Riesce, come le già citate pie donne danarose, a mentire spudoratamente mediante recitazione paragonabile alle grandi attrici nostrane del passato, vedasi Anna Magnani. Quel messaggio di amore per il nostro paese di una ventina di giorni fa, recitato in italiano, un bacio d'affetto lanciato per conquistarci, e che ci fece abboccare bovinamente quasi tutti, per lenire le nostre, già ai quei tempi, indelebili sofferenze, rimarrà negli annali quale cammeo del gattamortismo, della finzione calmierante e solo in apparenza rifocillante anni sperduti nella tempesta.
Recitava Ursula o la sua mentore Angela (leggasi Anghela) l'ha sonoramente redarguita, spingendola a rimangiarsi quasi tutto, arrivando a dire che i Corona Bond sono semplici illusioni?
Domanda senza risposta questa, ma la certezza che la Von der Leyen sappia recitare a comando è invece amara realtà.
L'agiata Presidente della Commissione Europea, con i capelli sempre e perennemente in ordine, il sorriso accattivante tramutante l'untuosa condotta in buonismo francescano, non riesce a comprendere, assieme alla gerarca teutonica, che questo dire, non dire, ritornare su principi espressi e profumati di violetta, nuoce gravemente alla salute del simposio europeo, l'attuale casa dei Burocrati, dando energia all'inno alla demenza senile di popoli cocciuti, freddi, glaciali, in quanto elargente forza, come gli spinaci a Braccio di Ferro, agli incolti ed intollerabili nazionalisti nostrani, quasi scioccati dinnanzi a tanta manna dal cielo.
Fare innervosire il nostro Presidente Mattarella è stata opera inimmaginabile, portare Conte a dire parolacce occultate da arzigogolanti fraseggi in perfetto burocratese, pure.
Con quella sua santità innata, quell'incedere soave, vibrando le corde vocali in sapienza, impercettibilmente, Ursula si è ritagliata uno spazio nei meandri della cattiva visione europea. Quello che veniva occultato da discorsi alla "ce lo chiede l'Europa" oggi, in piena burrasca, è tornato prepotentemente alla luce, facendo intravedere egoismi latranti, basti pensare al ruttologo olandese Rutte, la sua granitica convinzione che gli altri, in special modo noi, sono ammassi di sfaccendati, insulsi perditempo (ma verrà l'estate in cui i suoi connazionali brameranno di tornare a frantumarci i coglioni con i loro camper pregni di ogni vettovaglie), ai quali i soldi dovranno essere elargiti dietro a relativo scuoiamento di dignità e di depotenziamento di centralità nazionale, vedasi Grecia.
In ultimo avvertiamo, come non sentirlo Angela&Ursula, quel fastidiosissimo senso di supremazia, di ruolo perenne in tolda, a cassetta di carrozza, da quasi sempre accompagnante la politica tedesca, non mi spingo di certo sino ai tempi dell'Imbianchino, e la convinzione a braccetto che l'agenda, le scelte, la direzione necessitino della loro ultima parola, quasi che la monarchia assoluta sia stata revisionata a nostra insaputa nella versione 2.0.
Potessi dar qualche consiglio alla Gattamorta Ursula, le direi di non scherzar troppo con gli italiani, forse a volta un po' coglioni, ma in grado, fulmineamente, allo scocco dell'incazzatura, di smontare in una notte il Palazzo d'Europa, e mettiamoci pure la Bundesbank, per ricostruirli il giorno dopo nelle pianure nostrane, naturalmente meglio delle precedenti visto che Brunelleschi, Bramante e Buonarroti non fingevano come lei Prinzessin Ursula: avevano davvero i controcazzi! Ops!
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