venerdì 9 agosto 2024

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I nuovi hub della devozione

La domanda miracolistica non conosce flessioni. Anche in Italia dove ogni regione ha un suo luogo di culto pronto ad accogliere le istanze di un’umanità sempre più in cerca di segni celesti

DI MARINO NIOLA

La notte si addice ai miracoli. Perché l’ombra spalanca i cancelli dell’inconscio, liberando presenze e potenze che il giorno ignora. E cheorientano la nostra vita.
Lo sa bene Ugo, il padre di Massimo Troisi in Ricomincio da tre , convinto che la Madonna gli farà ricrescere la mano perduta in un incidente. E rivolgendosi alla Vergine la supplica di miracolarlo di notte. «Così non mi impressiono!».
La verità è che il miracolo è uno stato di eccezione capace di sospendere quell’ordine del possibile che rischiara la coscienza come il sole rischiara il giorno. Ma la notte no. Perché è il regno della luna che sfuma i confini della realtà, come nei sogni, nella musica, nella poesia. E come nell’inconscio. Che è un notturno della ragione.
In effetti il miracolo fa pensare al «chiarore oscuro che scende dalle stelle» di cui parla nel Seicento il poeta e drammaturgo francese Pierre Corneille in un verso della tragedia Le Cid .Ripreso dall’artista tedesco Anselm Kiefer che nel 1996 ha intitolato così uno dei suoi dipinti più celebri L’obscure clarté qui tombe des étoiles.


A pensarci bene, «i miracoli sono ciò di cui i materialisti hanno bisogno per liberarsi del loro materialismo», come diceva il grande antropologo americano Gregory Bateson. Anche se, a dire il vero, la schiera infinita di devoti che affolla i luoghi sacri alla fede popolare questo problema lo ha risolto in anticipo. Per loro l’essenziale del miracolo non è semplicemente il risultato, ma l’attesa. Non è ilday after , ma la night before . Che può durare tutta la vita. È l’aspettativa trepidante della grazia, infatti, ad incendiare quella miscela di speranza e religione, sentimento ed emozione che illumina la notte della loro esistenza.
In effetti l’oscurità è da sempre il momento più propizio alla manifestazione del dio che, in sogno o in visione, offre agli uomini lo spettacolo splendente e terrifico della sua potenza. Una potenza di fronte alla quale la ragione si ritrae prudentemente dietro la cortina del silenzio. Perché la notte ha il colore estatico e il lucore iniziatico del mistero. Che contiene nel nome stesso l’idea di una chiusura. La parola greca mysterion ,da cui deriva il nostro mistero, ha origine dal verbo myo che significa tacere, serrare, chiudere. Gli occhi o la bocca poco importa. Di fronte al mistero si resta muti e abbagliati. Come gli iniziati agli antichi riti misterici in onore di Dioniso, di Orfeo e di Demetra. O come i miracolati dalla Madonna di Lourdes, da quella di Medjugorje, da Padre Pio, che raccontano l’evento prodigioso da cui sono stati toccati come l’uscita da una trance, da un blackout della coscienza. Perché il miracolo è fatto della stessa materia indicibile e inspiegabile di cui sono fatti i sogni.
Anche per questo, a dispetto della secolarizzazione, la domanda miracolistica non conosce flessioni, almeno a giudicare dal numero di fedeli che visitano i santuari più gettonati. Come la basilica padovana di Sant’Antonio, il francescano venuto da Lisbona. Che accoglie da secoli le istanze di un’umanità in cerca di segni celesti. E se a Sant’Antonio, anno dopo anno monta una inarrestabile marea di pellegrini, Cascia è letteralmente presa d’assalto dai devoti di Santa Rita, l’avvocata delle cause impossibili. Una definizione che la dice lunga su una potenza miracolosa che si misura in giga. Ci si rivolge a lei per le ragioni più varie. C’è chi chiede la salute per sé e per i propri cari, ma anche chi vorrebbe uscire dal tunnel della droga e chi invece spera di guarire dalla depressione.

E accanto a questi antichi laboratori di meccaniche celesti, dove il sacro si manifesta in tutto il suo perturbante arcaismo, oggi si affermano nuovi hub della grazia, come San Giovanni Rotondo dove il carisma di Padre Pio richiama ogni anno otto milioni di pellegrini, facendone il secondo luogo di culto del mondo cattolico dopo quello della Vergine di Guadalupe. Una fabbrica della devozione con un indotto da 3000 posti di lavoro, per un business da 100 milioni di euro annui. Se poi si aggiunge che un cittadino globale su cinque viaggia per ragioni di fede, si capisce come la domanda religiosa muova flussi economici imponenti.
Ma questi flussi sono attratti dalle sorgenti primigenie del sacro, quei poli magnetici della potenza dove il divino parla forte e chiaro. Ecco perché mentre le chiese si svuotano, i santuari delle Vergini miracolose e dei santi taumaturghi traboccano di una umanità in cerca di vibrazioni sacre.

In realtà i miracoli sono sempre figli delle crisi, economiche e sociali, individuali e collettive. Che, oggi come ieri, producono insicurezza, precarietà, fragilità. È nei momenti in cui tutto sembra perduto che gli uomini decidono a che santo votarsi. Ecco perché le grazie ricevute sono sempre state la prova del nove della credenza. Senza manifestazioni visibili, senza mettere in scacco la natura e le sue leggi, senza far leva sulle emozioni e sul pathos, la religione non tocca i cuori dei fedeli e si riduce ai lambiccati incunaboli del dogma. Astrazioni impervie e incorporee da mandarini curiali.
I miracoli invece sono i colpi di teatro del sacro. E, proprio in quanto riflettono i bisogni e le speranze delle persone, sono in parte gli stessi e in parte diversi. Da una parte gli evergreen, come la salut e, la sicurezza, la maternità. Dall’altra affiora invece una domanda miracolistica che prende le forme del nostro tempo. Forme qualche volta sconcertanti. Come i dimagrimenti miracolosi, più veloci di una liposuzione, di cui sono specialisti i predicatori presbiteriani che negli Usa hanno trasformato l’esorcismo anti-grasso in un affare milionario. Help Lord, the Devil Wants me Fat (Signore aiutami, il diavolo mi vuole grasso) è il titolo di un libro di culto della nuova liturgia dietetica. O le invocazioni per far vincere la squadra del cuore. Come risulta da un sondaggio recente, secondo il quale il ventisette per cento degli americani crede che Dio influenzi i risultati delle partite di football. Insomma, ognuno ha il miracolo che si merita.

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