Ma si dai!
Leggiamocelo! Leggiamoci questo articolone al sapor di gruberismo o gianninismo del grande Claudio Tito di Repubblica!
L’anima
perduta dei 5stelle
di Claudio Tito
Esistono ancora i grillini? Esiste il Movimento 5Stelle?
Oppure è solo un simulacro? Svuotato, privato del suo nucleo originario.
Senza un’anima. O meglio: senza un contenuto. In vita ma per sopravvivere. Per
restare al governo ma non per governare. Il via libera alla Tav, infatti, è
l’ultima spina staccata ai pentastellati. È il sipario che viene giù definitivamente.
Il legame indissolubile tra l’M5S e il fronte No-Tav espone la linea
adottata dal presidente del consiglio – ammesso e non concesso che si tratti di
una decisione solitaria – a un giudizio che non può limitarsi al perimetro
ristretto del merito sull’opportunità o meno di costruire la linea
Torino-Lione. Va esteso agli effetti sul partito di maggioranza relativa in
Parlamento. In particolare al rapporto che aveva instaurato con l’opinione
pubblica sulla base di promesse che si sono rivelate infondate o
irrealizzabili. E al tentativo di accreditarsi nell’immaginario collettivo come
forza ambientalista.
Almeno sotto il profilo estetico e comunicativo. Proprio per questo, il
fallimento di questo rapporto assume, per i suoi elettori, i contorni di un
tradimento. Di un inganno. Perché 16 mesi fa il Movimento 5Stelle è stato
votato in virtù degli impegni assunti in campagna elettorale. Le architravi del
programma grillino sono state però abbattute. L’Ilva di Taranto doveva chiudere
ed è rimasta aperta. Il Tap, l’oleodotto pugliese, doveva essere bloccato e
invece i lavori non si sono fermati. L’ultimo totem cui i grillini del governo
nazionale si erano aggrappati era la Tav. È andato in frantumi. La resistenza,
dannosa e praticata solo dalle giunte di Roma e Torino, aveva funzionato solo
sul no alle Olimpiadi. Quell’embrione confuso e precario di valori è insomma
venuto meno. Ma l’aspetto più deleterio è un altro: l’obiettivo è semplicemente
salvare la poltrona.
«Finchè saremo al governo, la Tav non ha storia e non ha futuro», diceva
Luigi Di Maio, non qualche anno fa ma solo pochi mesi fa. Per non parlare degli
altri esponenti di spicco del Movimento: da Grillo a Di Battista fino a Fico.
Tutto si sta trasformando in una penosa finzione. Il capo politico
pentastellato, nascondendosi dietro il premier e invocando il voto in
Parlamento per dimostrare di essere ancora contro la Tav, mette in scena una
farsa. I gruppi parlamentari grillini sono davvero contro la Tav? Possono far
cadere l’esecutivo Conte. Il partito di maggioranza relativa, che esprime di
fatto il presidente del consiglio, può imporre la solidarietà di governo al suo
alleato. Perché non lo fa? Per rimanere a Palazzo Chigi. Perchè, ad esempio,
non si appella con la stessa logica al voto in Parlamento sulla Legge che
prevede le Autonomie regionali? Perchè la Lega non lo accetterebbe e aprirebbe
la crisi. È
il disvelamento della debolezza a 5Stelle. E del resto i pentastellati si
sono piegati ai diktat di Salvini in diverse occasioni e anche su temi che
urtavano il cuore del Movimento. Sono alleati con Armando Siri, ora indagato ma
già condannato per bancarotta fraudolenta, e accettano che partecipi a tavoli
ufficiali di governo al fianco del leader leghista. Hanno negato
l’autorizzazione a procedere nei confronti dello stesso Salvini. E oggi lo
difenderanno anche sullo scandalo Moscopoli.
Il problema è che per chi si trova oggi al potere, tutto diventa
indifferente. Senza valori, si può dire tutto e il contrario di tutto.
Apparentemente, solo apparentemente, senza alcuna sanzione pubblica. Così Di
Maio puo’ subire la Tav e Salvini può ripetere ossessivamente che i porti sono
chiusi anche se, come ha dimostrato la vicenda Sea Watch, è solo un ritornello
ingiustificato. Ma si tratta di un gioco che in democrazia non dura mai troppo
a lungo. Il prodotto di tutto questo è infatti la costante incoerenza,
l’inaffidabilità e la cancellazione dell’interesse collettivo.
Emerge solo quello individuale, di chi vuole tutelare il proprio seggio.
E la necessità che ha prodotto il patto di potere tra M5S e Lega evolve in
una mefitica dedizione al potere. Solo al potere, senza politica.
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