ll guardiano di via Turati sentendo il tintinnio premonitore, ha
fatto uscire i condòmini in strada al grido "il terremoto!".
Ma non è stata una scossa tellurica a provocare il suono
raggelante. La vergogna delle Sette coppe con le orecchie riposte nella sala
dei trofei del club più titolato al mondo, ha provocato il tremolio equivocato
in sisma.
Tremano i trofei, piangono i cuori per quella che era la
Squadra, ridotta ad un insignificante assemblaggio di menti e polpacci senza
identità, senza cuore, senza motivazione.
Crolla la tesi che il reparto difensivo sia d'impaccio e
d'impiccio per il gioco voluto dall'impenitente padrone, ovvero spettacolo,
velocità e attacco eterno. Non si assumono circensi per fare i centrali di
difesa, o idioti in Ferrari che ipoteticamente potrebbero sollevare il mondo
pallonaro, mentre in realtà avrebbero necessità di essere accompagnati in
qualche consultorio psichiatrico nel tentativo di essere recuperati alla vita.
Non si può lasciar comandare la prole del Dannato solo perché
porta il nome apritornello, senza che questa mangiapettorali sia stata edotta
su come rapportarsi con la dea Eupalla.
La tristezza del Pelato, distolto dalla lotta per la gara
faraonica di acquisizione dei diritti tv, rendono chiare alcune certezza: i
successi son serviti per la gloria politica e le tasche del padrone, il nero ha
gonfiato i conti off shore, i cuori che si tendono alla vista dei colori sono
stati ripostigliati in ambienti lontani dalle cene al Giannino, dalle troie
pallonare, da questo modus operandi agli antipodi del Gioco.
Finisce l'era dell'effimero, muore con queste sinergie il
profumo dello spogliatoio, scompaiono le bandiere, unico midollo reggente la
fede sportiva. Rimane solo sul campo un ragazzo cresciuto ai tempi del
Predominio, un dono degli dei che ritornato dal tramonto ispanico, riesce
ancora a lottare per l'onore, circondato da dirigenti innevati, da compagni
preoccupati dall'aumento del gel, in un ambiente asettico, triste e soprattutto
rovinato da boria, ballerine e nani della peggior specie.
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