giovedì 6 novembre 2025

L'Amaca

 

Quanto è giovane il socialismo
di Michele Serra
Zohran Mamdani ha quarantacinque anni meno di Donald Trump: che potrebbe dunque essere suo nonno. L’aspetto anagrafico, in quello che è accaduto a New York, è rilevantissimo, e sconsiglia di applicare al presente categorie troppo vecchie per significare qualcosa.
Ho sentito un analista, alla radio, dire che l’eccesso di radicalismo impedisce ai dem di conquistare il centro: come dimostrato dalla larghissima vittoria di Nixon contro McGovern. Ma era il 1972, santo cielo! Più di mezzo secolo fa.
Che cosa significhi oggi “radicalismo” per i trentenni e i ventenni, e che cosa significhi “centro”, sempre per i suddetti, è qualcosa che possiamo solo immaginare. Certo che se “centro” è il povero Biden, e la schiera impotente e muta dei democratici annichiliti dalla vittoria di Trump, non meraviglia che sia un candidato “radicale” ad avere conquistato la scena.
E colpisce anche che la parola “socialismo”, che negli Stati Uniti, da Reagan in poi, è una specie di bestemmia impronunciabile, sia stata serenamente (e vittoriosamente) pronunciata da Mamdani come un valore: e come tale sia considerata, secondo i sondaggi, da una quota consistente degli americani della generazione Zeta.
La vera speranza, il vero sintomo di un rovesciamento di tendenza, sarebbe che la questione ricchi/poveri (ovvero: la questione politica per eccellenza) tornasse a essere centrale.
Non una delle promesse elettorali di Mamdani — le mantenga o meno — ignorava la disparità di reddito, e l’urgenza di rilanciare il Welfare facendolo pagare ai miliardari. Se il socialismo è questo, ha un radioso futuro davanti al sé.

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