Abbigliamento in crisi, ma i Benetton ridono
DI GIANNI DRAGONI
Poco ci manca che facciano una banca. Ma l’ultima trovata dei Benetton per far soldi ci assomiglia: vogliono entrare nella gestione dei patrimoni finanziari, l’“asset management”, in pratica la gestione del risparmio degli italiani. A più di sette anni dal crollo del Ponte Morandi, una strage con 43 morti ancora senza colpevoli, i Benetton proseguono la marcia trionfale verso il profitto. L’obiettivo è gestire tre miliardi di euro nella prima fase e arrivare a 10-15 miliardi entro cinque anni. D’altra parte la famiglia veneta è sempre più ricca e incassa dividendi in crescita dall’impero che fa capo alla holding Edizione (autostrade, aeroporti, autogrill, immobili, finanza), ma chiedono ulteriori sacrifici ai lavoratori di Benetton Group, l’azienda di abbigliamento da cui tutto era cominciato.
L’ultima tappa del calvario è il contratto di solidarietà al 90% per 80 dipendenti per due mesi, novembre e dicembre, dopo che 400 persone sono già uscite con misure “volontarie”. Per questo il 27 ottobre c’è stato uno sciopero di due ore a Castrette di Villorba, la sede centrale, il primo sciopero dopo 30 anni. I sindacati hanno chiesto all’ad Claudio Sforza di spalmare il sacrificio sull’intero organico di 800 dipendenti.
Per i Benetton questo sarà forse solo un piccolo fastidio che disturba la loro immagine buonista, peraltro già offuscata dal crollo del ponte a Genova, ma il problema è serio. Nel maggio 2024 Luciano Benetton aveva denunciato il “buco” nei conti di Benetton Group scaricando le colpe sull’ad, Massimo Renon, con una tecnica tipica della famiglia. Per le scarse manutenzioni autostradali che, secondo l’accusa nel processo a Genova, sarebbero la causa del crollo del Morandi, i Benetton hanno dato la colpa all’ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci. Il pm ne ha chiesto la condanna a 18 anni e sei mesi di reclusione.
Nell’azienda di abbigliamento Luciano era tornato come presidente operativo nel 2018, ma quando è divampata la crisi ha detto che non si era accorto di nulla. Cacciato Renon il nuovo ad, Sforza, in carica dal 4 giugno 2024, ha presentato un piano di ristrutturazione, cigs, riduzione di organico e dei negozi. Da Treviso nel maggio scorso è stato diffuso un messaggio di miglioramento, nel 2024 le perdita netta consolidata di Benetton Group è di -100 milioni, più che dimezzata rispetto ai -235 milioni del 2023, addossati alla precedente gestione. Ma il miglioramento è meno rilevante di quanto appaia da queste cifre, enfatizzate dai principali mezzi di informazione, generosamente innaffiati dalla pubblicità di “United Colors”. Le vendite sono diminuite, il fatturato consolidato si è contratto del 9,7% a 917 milioni. Inoltre nel 2023 erano stati caricati oneri non ricorrenti e svalutazioni, la tipica pulizia di bilancio. Quest’anno nel primo semestre le perdite nette sono diminuite a -37 milioni, rispetto a -66,5 milioni l’anno scorso.
Nel 2024 Edizione ha ricapitalizzato Benetton versando 90 milioni. Il deterioramento dei conti ha creato un problema con la Sace, la società pubblica che aveva garantito al 90% un finanziamento bancario in pool di 135 milioni a tasso variabile ottenuto da Benetton in base al decreto Liquidità dell’aprile 2020. Già a fine 2023 non erano state rispettate alcune clausole del contratto di finanziamento (“covenant finanziari”) e così il 4 dicembre 2024 Benetton ha rimborsato il prestito in anticipo, rispetto alla scadenza del 31 marzo 2027. I soldi li ha forniti la capogruppo Edizione, non più però con un’iniezione di capitale ma con un finanziamento di 110 milioni fruttifero. Questo vuol dire che la Benetton in crisi deve pagare gli interessi ai suoi padroni.
Secondo l’azienda il pareggio di bilancio è previsto a fine 2026. Nel bilancio consolidato di Benetton si scopre che sono triplicati i compensi agli amministratori e organi di controllo, da 349mila euro del 2023 a 1,052 milioni nel 2024.
A parte questo fastidio, per i Benetton il problema, si fa per dire, è rendere ancora più profittevoli le loro ricchezze, dilatate dagli 8,3 miliardi che la loro principale società, Mundys, l’ex Atlantia, di cui possiedono il 57%, ha incassato dallo Stato – secondo un accordo approvato dai governi Conte 2 e Draghi – con la vendita di Autostrade per l’Italia (Aspi) a una cordata controllata dalla Cdp (al 51%) per evitare il rischio di revoca della concessione. Per il crollo del Morandi nessun componente della famiglia è stato indagato.
Il piano “asset management” è stato rivelato dal Sole 24 Ore il 21 ottobre. Verrà costituita una “newco”, inizialmente controllata al 100% da Edizione, la holding posseduta dai quattro rami della famiglia. L’obiettivo è di avere due soci di minoranza, uno sarebbe in famiglia, 21 Invest, il giocattolo di Alessandro Benetton, il figlio di Luciano che è presidente di Edizione e vicepresidente di Mundys. L’altro socio sarebbe Tages, società fondata e guidata da Panfilo Tarantelli. La nuova creatura sarebbe una Sgr, cioè una società di gestione del risparmio, soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia che dovrà autorizzare l’operazione.
Lo scorso 24 giugno l’assemblea di Edizione ha deliberato un aumento del 10% del dividendo versato alla famiglia, da 100 milioni a 110 milioni e 10mila euro. Dal crollo del Ponte a oggi i Benetton hanno intascato 560 milioni di cedole. Nel bilancio 2024 di Edizione si scopre che i “compensi agli organi sociali” sono aumentati da 3,3 a 5,2 milioni, “l’incremento è attribuibile ai piani di incentivazione della società”. I beneficiari sono soprattutto Alessandro Benetton e l’ad di Edizione, Enrico Laghi, il commercialista romano che è stato commissario di Alitalia e Ilva.
Nessun commento:
Posta un commento