lunedì 8 settembre 2025

In viaggio

 

Sulla Flotilla anziché in ferie: “Lavoratori e nessun radical chic”
DI ALESSANDRO MANTOVANI
Tre giorni fa il molo di Augusta sembrava un cantiere. Cime, vele, salvagenti, pezzi meccanici ma pure pentole, piatti e un wc per le barche della Global Sumud Flotilla per Gaza, ormeggiate lì. Una ventina di barche a vela, comprate in poche settimane. Ci hanno lavorato giorno e notte uomini e donne di mare, meccanici ed elettricisti al servizio di questa gigantesca missione politico umanitaria, per “rompere simbolicamente l’assedio, dimostrare ai governi che si può fare quello che loro non fanno” nei confronti di Israele e della carestia che si aggiunge alla guerra. Si imbarcano persone che ci rimettono le ferie, chiedono l’aspettativa, lasciano a casa i figli o i genitori malati.
Determinati, convinti, ma senza esaltazioni. “Certo che ho paura, Israele ha dimostrato di non avere attenzione al consenso dell’Occidente. Si deve fare ma è un impegno. E non è vero che siamo radical chic, qui trovi studenti, padri di famiglia”, dice Marco Contadini, ingegnere all’Agenzia della Mobilità del Comune di Roma, 59 anni, due figlie. Ha lavorato con gli ex detenuti a Roma, ha fatto cooperazione in Perù, ha già provato ad arrivare a Gaza con la Global March bloccata in Egitto e qui, tra l’altro, coordina i sub che vanno a vedere sotto le barche se ci sono problemi. O sabotaggi, come è già successo. Paura dell’impatto con gli israeliani, certo, che di Flotillas ne hanno fermate tante, anche col sangue nel 2010 e sempre in acque internazionali, come se fossero i padroni del Mediterraneo. La regola assoluta è nonviolenza, non reagire a nulla neppure verbalmente. In questi giorni la Marina delle Israel Defense Forces ha diffuso il video di un’esercitazione in mare contro una flotta di imbarcazioni: sembrava un’altra minaccia. Ma pure 10-15 giorni in mare non sono uno scherzo su barche piccole, caricate anche con una parte delle centinaia di tonnellate di aiuti umanitari raccolte. Perché dietro la Flotilla c’è mezza Italia come dimostrano le piazze, è una reazione all’impotenza, al sostegno italiano e Ue a Israele. Ieri alcuni chiedevano dei militari israeliani in vacanza con la scorta nelle Marche di cui ha scritto il Fatto. Ma dalla Sicilia partono anche svizzeri, francesi, spagnoli, malesi, turchi di Germania e di Turchia, almeno un australiano, uno scozzese. Alla Flotilla partecipano da 44 Paesi. Sono qui da giorni anche le cinque barche partite da Genova e La Spezia con Music for Peace, che ha una lunga storia di supporto a Gaza.
La partenza sembra slittare a giovedì 11, nessuno indica una data dopo i rinvii dovuti al ritardo delle barche partite da Barcellona il 30 agosto. “Partiremo mezza giornata, una giornata dopo che saranno ripartite da Tunisi”, dice la portavoce italiana Maria Elena Delia, insegnante torinese di fisica e matematica, decenni di impegno per la Palestina. In Tunisia ci sono le barche di Barcellona, se ne agggiungono altre e pare ripartano il 10 poi se ne aggiungeranno altre e altre ancora dalla Grecia. Cercate tracker flotilla sul web. Centinaia di persone su una cinquantina di natanti. Dalla Sicilia salpa anche la barca dell’Arci con i parlamentari Arturo Scotto e Annalisa Corrado del Pd, Benedetta Scuderi di Avs, Marco Croatti del M5s e il consigliere lombardo dem Paolo Romano, che chiedono tutela al governo Meloni. La nave di soccorso di Emergency farà da scorta e supporto medico, ma non fino a Gaza.
Partono persone normali, nemmeno tutti attivisti. “Mai fatto politica”, dice Francesco, 40 anni, toscano, già ufficiale sulle petroliere, “ma poi mi sono stancato – racconta – di rubare il petrolio ai Paesi poveri” e ora guida camion a Formentera. “Sono qui perché ho visto che cercavano persone con esperienza di mare”. Zero politica anche Laura, 39, insegnante precaria in Piemonte, che alla Global March e poi alla Flotilla è arrivata dopo il volontariato in India, “dove la gente – ricorda – ti muore in mano: un bambino che muore è un bambino che muore: a Gaza, in India, in Africa…”.

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