Trent'anni sono lunghi, rappresentano una grossa fetta di vita dei suoi contemporanei; Silvio Berlusconi scomparso questa mattina lascia un paese diverso, trasformato, direi di più: devastato. Esagero? Probabilmente, ma se riflettiamo con lucidità, parolone di questi tempi, emerge tutto quello che la sua scaltrezza, la sua abilità ha provocato nel tessuto sociale italiano.
Il suo periodo, l'Era del Puttanesimo, ha rimbambito, ammorbidito, confuso tanti di noi; le sue tv, mai combattute democraticamente da nessuno, specialmente da quelli che fingevano di essere suoi avversari politici, hanno appassito quel sano frizzantino mentale che ancor oggi possiamo riscontrare nei nostri vicini d'oltralpe; i Drive In, le ballerine, le commedie, le serie, tutte rivolte verso il successo, la visibilità, l'apparire come unica strada per il benessere della società, ci hanno prostrato in psiche oltremodo.
Entrato in politica perché vicino al default, si è confezionato leggi su misura, pacchianate politiche agevolate dai suoi adepti che oggi lo piangono e rimpiangono, estikazzi!, equiparando la dignità della nazione a quella di un circo. Come non ricordare le barze al sapore di culo, le corna, la Culona inchiavabile, il rimprovero regale all'urlo post foto "Mr Obamaaa", le cene eleganti, le sceneggiate per ritardare i propri processi, le uveiti, insomma la Macchietta al comando!
E il popolo stravedeva per lui, lo coccolava, ignaro di quanto sommessamente avrebbe pagato nel futuro per le sue scorribande costituzionali: ordinamento giuridico sbeffeggiato, condoni enormi, istigazione all'evasione, alterazione della verità, dei fatti, attraverso le sue reti televisive sommate a quelle di stato allorché era in tolda; e poi le epurazioni di chi non la pensava come lui, Enzo Biagi in primis, la ricerca costante del tornaconto personale che ha permesso alla sua famiglia di accumulare un enorme tesoro anche grazie alla piegatura ai suoi voleri dell'intera nazione.
Ho tralasciato volutamente gli inizi, perché molto sgradevoli; quel sospetto di usare denari sporchi, il furto del villone alla povera ereditiera perpetrato in combutta con l'avvocato di parte, tale Cesare Previti, poi divenuto suo amico e ad un passo dal ministero della Difesa, bloccato dall'allora presidente Scalfaro.
Marachelle, strafalcioni politici, cene con tanto di palo da lap dance, la nipote di Mubarak, la minorenne molestata, la lettera di Veronica Lario a Repubblica, i denari off shore. A chi oggi lo vorrebbe santo gli occorrerebbe rileggersi la storia. Il presidente Mattarella lo onora oggi come uomo che ha segnato una grossa parte della nostra recente storia. Andare oltre potrebbe legalizzare parte del malaffare che imperversò in quei lustri.
Per ultimo, la camera ardente non sarà preparata né a Palazzo Marino, né al Senato. Gli studi di Cologno Monzese avrebbero dovuto accogliere la salma per l'ultimo saluto, ma è stato tutto annullato per ragioni di sicurezza; subliminalmente sarebbe stato il gran finale, la consacrazione del suo Castello Dorato, tristemente rattrappente da trent’anni la nostra democrazia.
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