La sopportazione degli altri
DI MICHELE SERRA
Leggendo le cronache della direzione del Pd, pare di capire che il solo punto rilevante di disaccordo sia sulla guerra in Ucraina.
Disaccordo tattico e non strategico, perché nel Pd sono tutti filo-ucraini, ma con differenti opinioni sulla soluzione militare come sola possibile. Sul resto, a occhio e croce, non risultano insormontabili differenze.
Tanto che i sette punti “per l’estate” proposti da Schlein sono stati approvati all’unanimità.
Non è dunque chiarissima la ragione per la quale si parla del Pd (e il Pd parla di se stesso) come se fosse sull’orlo di una crisi ferale, e forse di una scissione: a meno di voler accettare che l’insensata distinzione tra “riformisti” e “radicali” abbia un peso politico concreto; o che partecipare alla manifestazione contro il precariato di un altro partito politico sia un irreparabile strappo, e non una legittima scelta.
Ai dirigenti del Pd darei un compito estivo (l’ottavo, dopo i sette di Schlein). Esiste un solo partito di massa, nella storia delle democrazie parlamentari, che abbia avuto totale concordanza di priorità, di umori, di culture? Suggerisco la risposta giusta: no, non esiste, il solo concetto di “partito di massa” comporta una certa varietà di opinioni e di sensibilità. Perché dunque non arrendersi all’evidenza, stabilendo che non è il “tutto”, ma il “molto”, che tiene insieme un partito?
La domanda riguarda tanto i “riformisti” quanto i “radicali”: ma sul serio ognuno di voi crede sia possibile un partito a propria immagine e somiglianza? Un partito che rispecchia la propria immagine? Ma quanto narcisismo c’è, nel settarismo di ogni epoca e di ogni corrente? Non è più logico e più sano sopportare l’esistenza degli altri?
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