sabato 1 maggio 2021

Da Buon Primo Maggio!

 


Probabilmente Danilo Dadda riceverà a breve molte telefonate calde, probabilmente, chissà, pure dal munifico, si fa per dire, Carlo Bonomi ras di Confindustria, e se ciò non avverrà sarà solo dovuto al fatto che tutto quello che non è consono alle regole della socialità, per caso o sfortuna raccolte dentro a quell'individuo plenipotenziario che fino a poco tempo fa miagolava alla luna presagendo disastri e disfatte solo perché, "Giuseppi Persona per Bene" avea giustamente deciso di tenere fuori dal gioco lui e quelli come lui, tra l'altro tra i responsabili, pare, chissà, del mancato introito di circa 120 miliardi all'anno, e che invece ora, dopo l'avvento del Dragone, si spertica quotidianamente nell'osanna collettivo a questa nuova coalizione, solo perché lui e quelli come lui sono ritornati in gioco, presagendo l'arrivo di nuovo contante che servirà, probabilmente, a rimpinguare i già squallidamente stipati forzieri di famiglia, nobili e altezzosi come la mosca sulla merda di vacca. 

Ma torniamo a Danilo Dadda: chissà, forse, ma il colloquio potrebbe assomigliare a questo: "Danilo sono Carlo! Ma che hai fatto? Sei uscito di testa? Se dai ai sottoposti la possibilità di leggere, ti creeranno problemi di ogni genere! Sei impazzito? Leggere? Ma non sai che dobbiamo tenerli sotto, imbambolendoli con ninnoli e carezze in nuca, perché devono produrre, solo produrre per farci aumentare le entrate? E li premi pure! Vedrai che inizieranno a chiederti delle rivendicazioni, vorranno più libertà, più autonomia, più rispetto! No, non siamo d'accordo! Torna indietro, trattali con la sufficienza tipica dei nostri avi, quel sacrosanto distacco sociale che è alla base della divina sottomissione alle nostre esigenze, alle nostre slide, ai nostri bilanci tendenti perennemente all'infinito! Danilo torna indietro!"

E' solo fantasia, naturalmente! Ma qualcosa il dott. Dadda smuoverà, permettendo a tanti di risvegliare cervici soporose, affrante, distaccate.

Meglio non poteva iniziare questo Primo Maggio, che è la festa dei lavoratori, di tutti, pure di quelli oppressi da contratti capestro introdotti dal neo giornalista arabo magnificante il Rinascimento in un paese misogino e sotto-acculturato, retto da un probabile mandante di assassino che, col suo governo, durante l'Era del Ballismo, compì nefandezze antisindacali, affossamento dell'articolo 18 in primis, tali che neppure suo Zio, pagatore seriale di tangenti alla mafia, era stato capace di compiere durante la precedente Era del Puttanesimo.

E' la festa pure di nuovi schiavi 2.0 orchestrati da quei briganti negrieri che dietro ad una facciata start up, fustigano e spremono giovani ansimanti di emergere alla vita, senza che nessuna politica - ma di politica oramai in queste lande non se ne vede più se, com'è oggi, l'agnello Bibitaro sta placidamente dormendo accovacciato accanto al felino puttaniere, o Cazzaro che dir si voglia - s'erga a strenue difensore di questi neo reietti.

Meglio non poteva iniziare questo Primo Maggio, leggendo l'articolo apparso oggi su La Stampa attorno a questa grande idea di un imprenditore innovatore quale probabilmente è Danilo Dadda.
Lo allego di seguito. Buon Primo Maggio a tutti!


Il "Book club" di un'azienda della bergamasca: in orario di lavoro, a turno, un dipendente parla agli altri di un libro a sua scelta
"Pago i miei lavoratori per leggere perché la cultura li rende migliori"
ALBERTO MATTIOLI
INVIATO A MAPELLO (BERGAMO)
La cultura non ha prezzo? E chi l'ha detto? Basta retorica e avanti con il tariffario: cento euro per leggere e raccontare ai colleghi un libro, 200 per il secondo, 300 per il terzo e così via. E se il testo è in inglese, il compenso raddoppia. Vale per tutti: dal muratore al dirigente.
L'idea è straordinaria, chi l'ha avuta ancora di più. Siamo alla Vanoncini di Mapello, profondo Nord, un capannone dietro l'altro, bergamaschi operosi che per dimenticare la tragedia del Covid, che qui ha picchiato davvero duro, lavorano anche più del solito. Lui si chiama Danilo Dadda, 56 anni, titolo di studio geometra, entrato nell'87 come tecnico e diventato amministratore delegato di questa azienda specializzata in edilizia sostenibile, know how e cantieri per costruire con tecnologie innovative e risparmiose in termini di materiali e di inquinamento, 85 dipendenti e una reputazione consolidata. Però Dadda non è il solito manager. Semmai, un Adriano Olivetti in salsa orobica, uno che ti spiega convintissimo che «chi lavora con te deve diventare migliore di quando ha cominciato, perché l'imprenditore ha anche un ruolo sociale». Facile dirlo. Lui lo fa, però: «Se mi avessero detto che avrei speso 500 mila euro in due anni in formazione, un miliardo delle vecchie lire, mi sarei dato del matto da solo. E invece...».
Invece l'ultima trovata è il «Book Club». «È cominciato tutto per caso - racconta Dadda -. Una volta, dopo una riunione, ci siamo messi a parlare di quel che stavamo leggendo. Ho pensato che poteva diventare un appuntamento fisso». Detto fatto. In orario di lavoro, a turno, un dipendente parla agli altri di un libro a sua scelta e il mese dopo riceve il compenso in busta paga. La biblioteca è eclettica: nel programma delle presentazioni, molti manuali di marketing, certo, ma anche romanzi, saggi, biografie (compresa ovviamente quella di Steve Jobs) e perfino poesie.
Niente obblighi per i dipendenti da megadirettore galattico di Fantozzi: viene chi vuole. A proposito, Dadda, lei cosa legge? «Da sempre di tutto, grazie alla mamma che da piccolo mi metteva i libri in mano. Ho letto tutti i russi, ma anche Dan Brown o Fabio Volo. E adesso ho scoperto Camilleri».
La scommessa di Dadda è di rendere contagiosa la lettura. Così la sala riunioni si trasforma nel club del libro. Ha iniziato il primo marzo Elisa Cassis del Commerciale illustrando Il profeta di Khalil Gibran, la voce si è subito sparsa «e insomma prima facevamo due riunioni al mese, adesso passeremo a quattro e con due libri alla volta, anche perché vogliono venire pure le mogli e i mariti». Fare l'avvocato del diavolo è inutile: certo che vengono, meglio stare seduti ad ascoltare che su un'impalcatura, poi li paga pure... «Vero. Ma il risultato è che ci stanno prendendo gusto».
Sarà vero? Erwin Zappolo, per vent'anni in cantiere, oggi gestore di un magazzino a Milano: «Non sono mai stato un lettore: adesso lo sono diventato. È stato un processo graduale. Prima mi sono incuriosito, poi ho scoperto che mi piaceva, anche perché sono stanco di sentire in tivù parlare di Covid tutto il tempo. Leggere ti apre la testa». Qui però si tratta anche di parlare... «Già più difficile, è vero, ma lo farò. Il 13 dicembre racconterò un saggio di Paolo Ruggeri Piccole e medie imprese che battono la crisi . E sì, sono un po' agitato». Mariantonietta Ponchielli della Sicurezza, pronipote di Amilcare, quello della Danza delle ore, parlerà del Milionario di Marc Fisher, Serena Paravisi di Fattore 1% di Luca Mazzucchelli, Manuel Fiore dell'Arte della guerra di Sun Tzu. Un collega si lamenta con Dadda: «Lo sai? Ora i miei figli mi chiedono 15 euro per ogni libro che leggono». E tu cosa fai? «Io pago». Però non è solo l'occasione di farsi una cultura. Daniela Capelli, responsabile del Customer Care: «Il Club è un'esperienza bellissima perché, in attesa di viverla in prima persona, senti l'emozione dei colleghi che parlano di libri». A lei toccherà il 19 luglio, un saggio di Roetzer.
Insomma funziona, una piccola utopia per una volta realizzata. Del resto, Dadda è il classico tipo che convince perché è convinto. Parla per massime, ma si capisce che ci crede sul serio: «Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi essere disposto a fare qualcosa che non hai mai fatto», dice. Dia un consiglio a Draghi, allora: «Gli direi che la logica non basta. Le persone cambiano davvero solo quando scatta l'emozione». Che peraltro, pare, fa bene anche al fatturato: l'anno scorso, alla faccia della pestilenza, la Vanoncini ha fatto il record, 28 milioni, «e quest'anno arriveremo a 32». La cultura si paga. Ma paga anche. —

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