Che cosa è la vita piena
Interrogarci sull’anima significa pensare a un mondo senza di noi. E alla nostra idea di Dio Una riflessione del fondatore di Repubblica
di Eugenio Scalfari
Hai vissuto una vita piena se hai potuto realizzare te stesso al meglio delle tue capacità ed hai conosciuto amore e dolore accettando i tuoi limiti.
Naturalmente questa vita piena è tutt’altro che facile e semplice. Perché anche l’esistenza più ricca non può aggirare la presenza incombente della morte.
L’anima, cioè quella parte di noi che sente dentro di sé la capacità di esistere, nel rapporto con la morte ha davanti un problema di difficile soluzione, che è quello di Dio. Una questione che può provocare sofferenza, può generare dilemmi, ma che non possiamo aggirare. Perché sono proprio questi due elementi — la morte, il rapporto con il divino — a costituire il limite della nostra umanità. Si tratta insomma di spunti di riflessione imprescindibili, profondamente studiati dai pensatori di ogni tempo.
Un itinerario filosofico da cui è possibile approdare a diverse conclusioni. La prima è quella cartesiana del Cogito ergo sum, che abbraccia però anche l’idea di Dio. La seconda è considerare la vita come un elemento che accomuna tutte le creature viventi: persone, animali, piante. La terza è credere che Dio, cioè un’entità suprema e unica, sia artefice della propria e dell’altrui esistenza.
Arrivati fin qui, non possiamo sottrarci a una riflessione su un concetto anch’esso di importanza estrema: l’esistenza di Dio. L’uomo esiste senza Dio? In teoria potremmo affermare di sì ma c’è un’ulteriore domanda da porci: l’uomo può esistere senza la propria coscienza? La risposta, in entrambi i casi, è negativa: senza Dio non si esiste. E nemmeno senza la propria coscienza, cioè senza se stessi.
Abbiamo ipotizzato, dunque, sia l’esistenza di Dio che l’esistenza dell’uomo. E tuttavia questi due soggetti non hanno il medesimo valore: il mondo senza Dio è privo di qualunque possibilità; il mondo senza l’uomo può vivere lo stesso, così come può vivere con o senza animali, senza gli elementi fisici, geografici, climatici. Con l’assenza di questi elementi la vita è comunque possibile: senza Dio, invece, no.
Ma il nostro rapporto con il divino stimola anche ulteriori riflessioni. Come scrivevo ad esempio nel mio libro Incontro con Io , «potrebbe Dio sopprimere, nell’infinita onnipotenza della quale il nostro pensiero lo ha dotato, un qualsiasi atto accaduto nel corso del tempo? Può cioè Dio cambiare la storia avvenuta e rendere reversibili i processi temporali e il pensiero che li contiene?
Questa facoltà è negata al Dio che noi abbiamo pensato e creato. Egli può sospendere il tempo, privandoci della memoria; può espellerci dal flusso del tempo e lo fa infatti ogni volta che ci falcia con la morte; ma non può ordinare che un fatto avvenuto non sia avvenuto. Neppure il tempo — dice Pindaro — che ogni cosa genera / può fare che non siano più le opere / compiute, giuste o ingiuste, / se furono...
Dio è fuori dal tempo perché così abbiamo voluto che fosse non trovando noi altro attributo più confacente a definire la sua divinità; ma noi, sue creature, siamo interamente immersi in quel flusso inarrestabile che con noi è nato e con noi si dissolverà ».
Su questo, così come sul nostro ruolo nell’universo in rapporto alla divinità e alle altre forme di vita, dobbiamo continuare a riflettere.
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