giovedì 9 luglio 2020

Ciao!


Ogniqualvolta pensavo a lui, scolorivano in me ansie fatue per problematiche varie che mondo e fobie propinano, portandoti a vedere difficoltà ove non esistono. Gagliardo ed amante della vita, Paolo Paoletti ieri ha terminato la sua vita, piena di difficoltà, inconcepibili per molti, nella pienezza per i tanti che, senza clamore, senza visibilità, lo hanno sostenuto ed accompagnato nella battaglia, termine mai più appropriato per descrivere la quotidianità esigente ricerche affannose di cuori disposti ad affiancarlo per trascorrere notti serene dentro alla macchina vitale che permetteva a lui di respirare. Personalmente il coniglio che è in me non mi ha mai permesso di far parte della famiglia allargata, formata da Paolo nei tanti anni in cui è rimasto uncinato all’esistenza, con un’allegria, una frenesia, una degustazione delle flebili occasioni propostegli dal fato, da sconcertare, basire e stralunare gli esterni come me. Uno stereo sparante buona musica, vedi i suoi amati Kiss, è la figurazione di Paolo che più m’aggrada; la musica, che nelle fatue e fintamente irte oscurità auto prefabbricate, riuscivo ad ascoltare per defaticare senno e spirito, e poi quella forte, inamovibile sua tenacia, ovattante e sminuzzante, l’apparentemente insormontabile. 
Termino senza frasi di rito, salamelecchi che Paolo non avrebbe gradito. Lui viveva. E vive.

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