giovedì 8 agosto 2019

Bibitaro devoto


Smutandarsi in questa orribile maniera è uno schiaffo ai tanti, come me, che credevano di poter respirare aria nuova, lontana dai gruberismi, dai gargarismi di chi, da almeno una ventina d’anni, ci ha preso e ci prende sonoramente per il culo. Dignità, decoro, lealtà, rispetto, moralità, devozione ai valori di una sana ed onesta politica: tutte queste qualità sono state ammucchiate e riposte in cantina per andar dietro ad un imbelle, un panzone che, se non fosse stato messo lì dagli adoratori del dio Po, probabilmente, incontrandolo al bar, impersonerebbe la classica fucina di gags, calamitando carezze evangeliche sulla sua cervice disabitata; uno che entra in biblioteca solo per far minzione. E a questo cosiddetto alleato, proveniente dalla cloaca gestita da un pagatore seriale di tangenti alla mafia, un Bibitaro ha consegnato chiavi e barra del timone, annuendo e accondiscendendo, come una silente e devota perpetua, ad ogni suo progetto, desiderio, traguardo, trasmesso cacofonicamente in modalità rutto, senza contrastarlo, impensierirlo, innervosirlo in modo da fargli comprendere che esisteva, ed era pensante, anche un’altra sostanziosa parte della maggioranza, che i confini dell’accordo sarebbero stati sacri ed invalicabili, che se questo oste rigonfio avesse trovato il coraggio di trasformarsi in ministro del lavoro, degli Esteri, del commercio, in premier, in capo della polizia, in dj, cosa che ha sistematicamente fatto, lo sfanculamento degli accordi e il ritorno alle urne sarebbe stato certo ed indiscutibile. 
Ed invece, sonnecchiando, sorridendo, ammiccando, gli è stato permesso di esagerare stucchevolmente, di invadere a poco a poco etere ed edicole, di andar dietro alle voci da mercato, di farle sue, di promettere tutto e il contrario di tutto, di farsi pompiere davanti ad un incendio, boia difronte ad assassini, signore della vita per esseri diversi, per lui e i suoi seguaci, che dovrebbero marcire in fondo al mare, secondo la ruttologia in vigore dalle parti del Po. Ed ora, dispersa ogni beltà, eccoci ad ammirare le risa, le euforie, gli abbracci, gli exultet, gli spernacchiamenti dell’eterno partito affaristico ed affossante i denari pubblici, con sarcofagi incipriati, indegni scudieri, madamine e chiamparini al settimo cielo per l’ennesima grande opera conquistata dietro il paravento del progresso, pullulante già di famelici squali, di allocchi consenzienti, di ululanti profeti del gianninismo. Unica consolazione tra queste macerie il fremito, l’accapponarsi di pelli dorate di devoti e devote di un ebetino, non più convinti di tornare a sedersi sugli scranni dorati alla prossima tornata di voto.

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