lunedì 23 aprile 2018

Facciamo un po' di ordine


L'Amaca di Michele Serra ha dato il via ad una catena di commenti da Guiness! 
Cercherò nel mio piccolo ed umile anfratto di fare un po' d'ordine in merito, partendo dalle origini.
Premetto che non voglio insegnare a chicchessia nulla; rimembro, scrivendo, come se fossi davanti ad un foglio di carta. 
La Rivoluzione industriale ha nettamente classificato l'uomo, a volte senza ritegno, riponendolo in caste stile India, senza domandare pareri in merito a nessuno, neppure ai più reietti. 
Nascendo il capitalismo, automaticamente, sono sorte classi sociali a servizio dei potenti, dei ricchi. Fino a quando l'industriale rischiava del suo, nessuno poteva accennare a questo squilibrio sociale, tutt'altro: il padrone dava da mangiare ai lavoratori, vi era rispetto, quasi santificazione nei riguardi di chi metteva soldi di famiglia, sul perché poi ne disponesse in simile quantità è altra  materia che affronterò in altra sede, per una speculazione oserei dire nella norma, in chiave capitalistica. 
Ma da quando le banche hanno spodestato antichi valori, di per sé opinabili, immergendo le attività lavorative dentro i meandri degli obbrobri finanziari, la degenerazione del sistema ha creato una serie allucinante di disparità: il divario vergognoso tra gli stipendi della classe dirigenziale e quella operaia, l'instabilità del lavoro, i facili licenziamenti, la chiusura di società ad hoc per l'arricchimento di pochi a scapito della moltitudine, la difficoltà della peculiarità sindacale a protezione dei lavoratori, dovuta alla perdita di potere perpetrata grazie ad infiltrazioni capitalistiche che ne hanno attenuato, addolcito l'operosità. 
Ma la più diabolica delle azioni illegittime, da un punto di vista sociale, intraprese dalla finanza-rapto-tecno-capitalistica è la globalizzazione, autentica mannaia sui diritti del lavoratore, ridottosi a merce, a nullità, schiacciato da ondivaghe fobie insufflate ad hoc per terrorizzare le masse, appese ad un debole filo pronto a spezzarsi non appena il lucro calasse, rendendo non più sostenibile la voracità innata delle caste padronali attuali, in primis il mondo finanziario. 
Da tutto questo si è ulteriormente divaricato il dislivello tra i ceti della società odierna: da una parte i ricchi sempre più ricchi, dall'altra tutti noi sempre più poveri, drammaticamente poveri. 
E' lampante che in una società fondata su tali diseguaglianze, inebriata da messaggi mediatici tendenti a far credere che il benessere sia per tutti, la sfera culturale sia ben presto divenuta la più sofferente di tutte: leggere è divenuta un inciampo da eliminare frettolosamente, il Pensiero relegato ad una sorta di ostacolo sorto tra la felicità del subito e il futuro, mai come oggi messo in soffitta. 
Alcuni segnali, a conferma di quanto sopra, crescendo a dismisura, si sono trasformati in boe segnaletiche su quanto la via maestra, ammesso che ve ne sia una, si stia perdendo quasi ovunque: la ricerca dell'eterna giovinezza, la fobia dell'invecchiamento, l'inoperosità come orrore di vita, la riluttanza verso la cultura del riposo quale arma per una crescita personale, il rincorrere falsi miti, il gusto per gli accadimenti violenti, il proliferare di idioti nel web, la spazzatura mediatica trasformata in via maestra, il sollazzarsi sulle disgrazie altrui, la solidarietà trasformata in nemico da abbattere da chi del razzismo ne ha fatto un'arma elettorale, l'obnubilamento sulla fine temporale della vita, i rapporti interpersonali rivolti quasi unicamente a finalità sessuale, il mutismo da uso forsennato della tecnologia, la ricerca di emersione a scapito di consimili, l'incensazione di cosiddetti eroi che si sciolgono più repentinamente del ghiaccio in un forno acceso, gli obbiettivi accecanti i veri valori dell'umanità, l'osanna verso ribaldi travestiti da saccenti. 
Tutto questo vagare al buio senza riferimenti, ha provocato e provocherà lo sconquassante allontanamento generazionale dalla cultura, intesa come arte accompagnante spiriti liberi nel difficile ed ostico cammino della vita, unica arma in mano a chiunque per rifiutare tentativi di affossamento cerebrale, molto utili ai pochi briganti assurti a timonieri di scafi solo in apparenza dorati. Lo sfrigolio nel leggere Proust, Shakespeare, Manzoni, nel porsi davanti ad un quadro di Raffaello, di Leonardo, ad una scultura di Michelangelo, quello sfrigolio è alito vitale, sottoponente l'individuo al padre di tutti i quesiti: perché accettare soprusi, disparità, imposizioni dai miei simili senza neppure tentare una sana, onesta, dovuta ribellione?  

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