La matematica umorale
di MICHELE SERRA
Ma come li calcola, Trump, i dazi? Esiste un criterio, se non certificabile, comprensibile? Una cosa tipo: base dipartenza 15 per cento uguale per tutti, moltiplico per 3,14 se il Paese in questione mi disobbedisce, diminuisco, ma solo di un tantinello, se mi obbedisce? Esisterà uno staff di calcolatori di dazi, economisti, studiosi dei flussi commerciali, consiglieri strategici, che consegna ogni mattina al presidente un foglietto con qualche cifra scritta a matita, e una gomma per cancellare e correggere?
Oppure un criterio vero e proprio, sebbene arbitrario, non esiste, e tutto è come sembra essere, ovvero decide lui a seconda di come gli gira, spara numeri a casaccio, tira a indovinare? Ieri è arrivato, nel folle garbuglio di percentuali, anche il 30 per cento per l’Europa, una new entry: prima non si era mai sentita o forse, come è giustificabile, ci era sfuggita. Tutte le cifre comprese tra lo zero e il cento sono apparse, negli ultimi mesi, sulle prime pagine dei giornali. Ci siamo abituati a scorrere quei titoli distrattamente, tanto è volubile la matematica umorale di questo signore che sembra caduto sulla Terra dal più minaccioso e malfamato pianetino di tutte le galassie, e invece è banalmente un affarista americano molto spericolato, e molto chiacchierato, al quale i popoli dell’Interno, per fare dispetto agli odiati popoli delle due Coste, hanno affidato il Paese più ricco e più armato del mondo.
Se l’Europa avesse, della Cina, almeno la saldezza psicologica, avrebbe evitato di sussultare o gioire o abbattersi ad ogni variazione di percentuale. Avrebbe detto a quell’omone anziano, litigioso, bizzarro, non credibile: guardi, prima si metta d’accordo con se stesso e ci presenti, nero su bianco, qualcosa di cui discutere. Fino a che blatera di percentuali dette alla rinfusa, non possiamo risponderle niente di serio.
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