Quella volta in cui Minoli mi chiamò per condurre il “Grande Fratello”(vero)
di Daniele Luttazzi
Il crivello che distingue nell’italianità l’anti-italiano dall’arci-italiano, le due categorie di senso in cui ascrivevano se stessi Giorgio Bocca e Giuliano Ferrara (è anti-italiano tutto ciò che protesta contro il passato che non passa; è arci-italiano tutto ciò che è berlusconiano) è entusiasmante perché, applicato agli ambiti più diversi (politica, storia, cultura), rivela quali siano i rapporti di forza in questo Paese di filibustieri. All’estero non lo capiscono: fa tenerezza chi, come Oleg Nikolenko, portavoce del ministero degli Esteri ucraino, per additare al pubblico ludibrio il Berlusconi pro-Putin ha evocato la scenetta di Silvio che nel 2010 bacia la mano a Gheddafi. Ricordare certi trascorsi immondi è un’arma retorica che all’estero annichila l’avversario, ma da noi, dove spadroneggiano gli arci-italiani, fa sempre cilecca: l’arci-italiano Agnelli ci salvò la Fiat, con Gheddafi. Quindi? (Non a caso, ai 20 anni dalla morte dell’Avvocato, in pochi hanno ricordato con Gigi Moncalvo l’Agnelli “primatista e protagonista indiscusso della più grande evasione fiscale che si sia mai registrata in Italia”). Applicate il crivello ai conduttori tv e vi accorgerete subito che qualcosa non va: a parte Iacona e Ranucci, anti-italiani, sono tutti arci-italiani, da Fiorello a Giletti, da Porro a Bernardini, da Fabiofazio a Enrico Mentana in Fagnani. Ricordo quando, a Raiperunanotte, dopo l’intervento di Monicelli (anti-italiano) che auspicava una rivoluzione, Floris (arci-italiano) tentò di smorzare dicendo che Monicelli intendeva rivoluzione in senso metaforico: fu subissato di fischi dal pubblico, in vena di jacquerie. I giornali, poi, peggio che andar di notte: a leggere Repubblica di Molinari sembra di avere fra le mani il Tempo (e a Scalfari, arci-italiano, andava benissimo così). Adesso i Cdr Gedi sono in sciopero perché l’Ad Scanavino ha messo in vendita le testate del gruppo, Repubblica e Stampa comprese. Quale ingratitudine, dopo tutto il loro darsi come cocottes; ma è la lezione di Marchionne, che salvò gli Elkann dal fallimento tagliando salari, diritti e posti di lavoro, perché “se continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo”. (L’unico imprenditore anti-italiano fu Olivetti, ci mise una pezza l’arci-italiano De Benedetti: andate a Ivrea a chiedere cosa ne pensano).
L’arci-italiano Baudo mi offrì di presentare Sanremo con lui e la Hunziker: dissi di no. Gli arci-italiani Marzullo e Vespa mi invitarono nei loro programmi: dissi di no. L’arci-italiano Minoli mi propose di condurre la prima edizione del Grande fratello: dissi di no. Se sei un anti-italiano, dalla tv arci-italiana stai alla larga (fare il comico da Vespa è come mangiare il proprio vomito, e c’è chi accetta con appetito). Nel 2004 mi chiamò Ferrara: la conversazione telefonica durò 30 secondi. GF: “Ti andrebbe di fare una piccola rubrica sul Foglio? Potrai scrivere quello che vuoi. Per il compenso ci mettiamo d’accordo”. “No, grazie. Non voglio che il mio nome compaia sul Foglio”. GF: “Ah, quindi il problema è politico”. “Sì”. GF: “Quindi è insormontabile”. “Già”. GF: “Va bene. Buona fortuna”. Se vai a Sanremo, diventi Sanremo; e chi dice di voler cambiare le cose dall’interno è già complice. Il Chiambretti corrosivo del programma Il portalettere, creato dall’anti-italiano Tatti Sanguineti, morì facendo il guitto nel Sanremo di Mike Bongiorno. Un tempo sfruculiava Dell’Utri sulla mafia: è finito a Mediaset (memorabile la prima puntata di Chiambretti Night: l’aprì con un pistolotto-coda di paglia dove spiegava che la sua coscienza l’aveva messa in cassaforte). Chiedete a un arci-italiano da che parte sta. Vi risponderà: “Dalla mia”. I più spudorati ti tirano contro come a un bersaglio da fiera. Su tutto ciò, spargere un lieto sorriso, e sentire il nostro profondo canto dentro.
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