L’anticiclone come Godzilla
DI MICHELE SERRA
Il caldo “assedia”, “minaccia”, “incombe”, “ruggisce”, “soffoca”. L’anticiclone d’Africa non dà tregua, come Putin. (E nemmeno un Orsini che lo difenda). Il caldo, nei siti e sulla carta di giornale, non è un fenomeno scientifico, è Godzilla, è un mostro da B-movie.
Il linguaggio meteo, nella società dello spettacolo, catalizza l’ansia (come quasi tutti gli altri linguaggi, del resto) e dunque, alla fin fine, contribuisce a innalzare la temperatura percepita. Se tu vedi uno che suda e boccheggia e gli dici: “attento! Sei nella morsa del caldo!”, non lo stai aiutando. Specie ora che il riscaldamento terrestre è un problema serio, sarebbe bello riuscire a parlarne con raziocinio e misura, come nei film catastrofisti dove tutti strillano in preda al panico finché qualcuno non riesce ad azionare il cervello, riportare la calma, salvare l’umanità e baciare la fidanzata mentre scorrono i titoli di coda.
Per ora siamo ancora nella fase in cui tutti strillano.
È un vero peccato, perché la meteorologia è una scienza affascinante ed è diventata nevralgica, con un potere di attrazione oggettivamente assai maggiore di quando bonariamente il colonnello Bernacca annunciava piovaschi e schiarite. C’è, come dire, urgenza sociale di un meteo con i nervi a posto, che dica piatto piatto quello che sta accadendo (e quello che sta accadendo è già molto) senza aggiungerci coloriture emotive, effetti speciali, imbonimento.
Ci penseranno poi i servizi dei telegiornali, fedeli nei secoli, a dire che quando fa molto caldo bisogna vestirsi leggeri e bere molto.
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