lunedì 25 agosto 2014

Un saluto ad un serio Direttore


Allego il saluto del Direttore del Secolo XIX Umberto La Rocca, che ha ceduto il bastone del comando per ovvie ragioni, legate all'acquisizione da parte degli Agnelli della proprietà del giornale. 
La libera informazione subisce quindi un'altra mazzata, il Secolo diventerà la cronaca di Genova della Stampa e la Famiglia acquisirà più potere mediatico. 
Il Secolo è stato in questi anni una voce fuori dal coro, raccontando fatti scottanti, senza dover chinare la stessa a nessun signore. 
Da oggi, la lunga mano torinese, molto "massonicamente" come è sua tradizione, avvilupperà la Notizia per modellarla ai suoi voleri. 
Peccato! 
Perché lo leggevo molto bene e ne ero abbonato contento!
Ne ero.


Lascio la direzione del Secolo XIX, dopo cinque anni, con la consapevolezza e l’orgoglio di aver trasformato profondamente il giornale rafforzando la parte migliore della sua tradizione: quella di un giornalismo indipendente dal potere politico e dalle lobby economiche, curioso, anticonformista, capace di prendere posizioni chiare ma anche di ospitare sulle sue pagine un larghissimo ventaglio di opinioni diverse.
Sono stati anni molto difficili per il Paese e per il mondo dell’informazione, piegato dal crollo della raccolta pubblicitaria, dal calo delle vendite nelle edicole e sorpreso dalla crisi prima di aver potuto sviluppare una efficace strategia di passaggio alla distribuzione sui nuovi canali digitali. Ciononostante Il Secolo XIX ha tenuto il mare, conservando le proprie quote di mercato, intraprendendo un percorso di risanamento finanziario che già comincia a dare i suoi frutti e imboccando con decisione la strada della multimedialità.
Le inchieste pubblicate, prima fra tutte quella che denunciava gli affari sporchi della Lega, hanno restituito al giornale credibilità e prestigio nazionali; lo sforzo compiuto nelle redazioni provinciali e nei quartieri di Genova per raccontare e risolvere i problemi quotidiani dei cittadini ha riavvicinato i lettori al loro quotidiano; l’informazione puntuale e coraggiosa sulla crisi che attanaglia la Liguria ha costretto una classe politica spesso priva di visione, incapace di guardare al di là del proprio tornaconto e insofferente alle critiche, a fare i conti con un giornalismo non cortigiano; e obbligato quella parte di società civile che è connivente o rassegnata a chiedersi quale futuro riservi il piccolo cabotaggio.
Naturalmente, a volte siamo scivolati su qualche buccia di banana. Ma se la responsabilità degli errori è solo mia, il merito di quel che di buono abbiamo fatto lo condivido con molte persone dentro e fuori il giornale. Devo ringraziare l’editore Carlo Perrone che mi ha lasciato fare il mio lavoro con una libertà inconsueta nel panorama editoriale italiano e che mai, dico mai, ha interferito con questa o quella scelta. Devo ringraziare i colleghi della redazione e della tipografia che hanno accettato con senso di responsabilità i sacrifici necessari a tenere a galla la nave.
 Devo soprattutto ringraziare un gruppo di giornalisti e di collaboratori, giovani e meno giovani, che hanno accettato la sfida di mettersi in discussione, di cambiare radicalmente mentalità e che sono cresciuti tanto da poter adesso camminare con le proprie gambe: per loro non mi sembra fuori luogo spendere la parola amici.
Un grazie va infine a tutti quei lettori, imprenditori, professionisti, politici che hanno sostenuto le battaglie del Secolo XIX contro un sistema asfittico ed estenuato al quale non resta altro obiettivo se non quello di perpetuare se stesso.

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