venerdì 12 luglio 2024

Meditativo

 

Impunità di Stato
DI LIRIO ABBATE
L’abolizione
del reato di abuso d’ufficio come ha voluto il ministro della Giustizia Carlo Nordio — che si prepara a mettere all’incasso altre riduzioni legislative che riguardano strumenti utili a contrastare non solo la criminalità organizzata ma anche i reati contro la pubblica amministrazione e in particolare la corruzione — ci porta a una doppia visione della legge, e di conseguenza all’affermazione che la giustizia non è più uguale per tutti.
Perché per i cittadini comuni che commettono reato è prevista una tolleranza zero, mentre una sorta di impunità, per legge, spetta per i reati rivolti — fino a ieri — agli “eccellenti” o ancor meglio ai “colletti bianchi”, che non potranno più essere processati o indagati per abuso d’ufficio. E cioè quando il “pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che nello svolgimento delle funzioni o del servizio”, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero arreca un danno ingiusto.
Sono tanti i casi che ruotano attorno alla gestione pubblica del denaro, o ancora nel pilotare un concorso pubblico favorendo uno o più candidati, penalizzando gli altri oppure abusando del proprio ruolo. Abolendo questo reato si crea una voragine dentro la quale finiscono tutti quelli che vogliono essere salvati da errori e favori che hanno fatto a discapito di una intera comunità. Il doppio binario che si è creato potrebbe essere definito come un medioevo del diritto perché vengono cancellati dai registri dei tribunali o delle procure, con un solo tratto di penna, circa quattromila posizioni di personaggi pubblici accusati di aver procurato un danno alla cittadinanza, a tutte le persone comuni che pagano le tasse e, alla luce di questo disegno di legge voluto da Nordio, vengono sistemati su piani diversi, su gradini più bassi rispetto a chi gestisce o amministra la pubblica amministrazione.
C’è quindi impunità per i reati dei colletti bianchi mentre si preme sulla tolleranza zero per i ladruncoli. Lo scippo di strada diventa più grave dello scippo silenzioso di un diritto pubblico o di somme pubbliche destinate a chi non ne aveva diritto, e con una martellante manipolazione propagandistica si finisce con il sentire diffuso, spinto da questa maggioranza parlamentare,che ormai la tangente non deve creare più scandalo, piuttosto si attacca chi fa o conduce l’indagine. E quindi si pensa a ridurre le intercettazioni, a modificare gli strumenti legislativi o ad eliminarli, e alla fine tutto questo spunta le armi alla magistratura che fino adesso ha lavorato con gli attrezzi giusti per portare davanti ai giudici chi è stato corrotto o ha distratto somme da fondi pubblici.
Guardando l’attuale composizione della popolazione carceraria (oltre 61mila detenuti di cui circa 20mila stranieri), questa rappresenta l’interfaccia del funzionamento del sistema giudiziario, la cartina di tornasole degli esiti concreti dell’esercizio della giurisdizione penale. Ebbene, la popolazione carceraria è costituita in massima parte da persone con basso livello di scolarizzazione. Ci sono ladri, ricettatori, assassini, esponenti dell’ala militare delle organizzazioni criminali e poi un’elevatissima quota di immigrati, di tossicodipendenti e spacciatori.
La quota di colletti bianchi e quindi di detenuti legati ai reati contro la pubblica amministrazione è tendente a poche unità. In tutto questo gli istituti di pena sono al collasso, sovraffollati, con pochi agenti di polizia penitenziaria. Il mondo delle carceri è in grande crisi, perché quella dei suicidi è una conta drammatica, diventata giorno dopo giorno un’emergenza alla quale occorre porre subito rimedio attraverso provvedimenti immediati.
Tutto ciò però non viene risolto dallo sconto di pena che il Guardasigilli ha concesso, seppur criticandolo, con un decreto carceri che di fatto è vacante.
Cancellare adesso per legge il processo per quattromila colletti bianchi equivale ad una amnistia, che però è mascherata.
Perché al ministro Nordio questo termine non piace, se dovesse essere rivolto ai criminali comuni, perché ritiene che l’amnistia sia “una resa dello Stato”. E i suicidi in carcere di detenuti e agenti cosa sono se non una sconfitta per lo Stato? Intanto dentro, fra celle sovraffollate e istituti di pena surriscaldati anche dalle alte temperature estive, prosegue purtroppo la vita assiepata dei reclusi comuni, mentre fuori si vedono creare questo doppio binario per gli indagati “eccellenti” o meglio ancora il medioevo del diritto varato in via Arenula.

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