giovedì 30 agosto 2018

Un filo invisibile e becero


C'è qualcosa che unisce momenti drammatici da Amatrice, distrutta dal terremoto di due anni fa, all'alluvionata Livorno: le intercettazioni telefoniche riportanti il giubilo di chi, chiamato impunemente imprenditore, esultava per il disastro ambientale con frasi raggelanti del tipo "brinderemo all'alluvione!", simile all'esultanza da stadio di altri mononeuronici i quali, il giorno dopo il terribile terremoto nell'Italia centrale, ridacchiavano già sognando grandi guadagni sulle spalle di vittime e superstiti a cui il cataclisma portò via tutto, compresa la dignità.

A Livorno, a seguito di un'inchiesta accesa dal sindaco pentastellato, al vertice della piramide c'era Riccardo Stefanini, ex coordinatore della Protezione Civile locale, già arrestato lo scorso maggio per peculato (utilizzo improprio dell'auto di servizio e dei buoni benzina) e c'è pure la ditta Tecnospurghi con il suo titolare Emanuele Fiaschi ai domiciliari. Stefanini è accusato di aver pilotato le gare, facendo rimanere la Tecnospurghi unica impresa in gare poi vinte, durante l'emergenza livornese, gonfiandone i costi, approvando attività mai svolte e, comprando sacchi di sale da disgelo da 20 Kg a 15 euro, Iva esclusa, quando nella vicinissima Pisa confezioni da 25 Kg costavano 3,5 euro. 

Un filo macabro lega queste due tragedie, pullulanti di gentaglia senza cuore, frutto di questa società avariata, insensibile, viscida, senza sentimenti, ammaliata esclusivamente dal male odierno più temibile, il lucro. 
Nessuna pietà per questi avvoltoi senza scrupoli, con la speranza, oramai fievole, che la nostra nazione di possa impegnare in una seria manutenzione di menti e cuori, attraverso un lungo percorso culturale purtroppo mai iniziato, al fine di rimodulare scale di valori da troppo tempo sfasate, privilegianti denaro alla comunità, al sociale, nel rispetto di vittime e innumerevoli disagiati.    


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