martedì 7 febbraio 2023

L'Amaca

 

La solitudine del centravanti
DI MICHELE SERRA
Circola molto il breve video del centravanti nigeriano del Napoli, Osimhen, che nel riscaldamento pre-partita scavalca le transenne e si arrampica nella curva avversaria (quella dei tifosi dello Spezia) per andare a scusarsi con una signora colpita da una sua pallonata, abbracciandola. Il gesto si presta a letture edificanti così scontate che è meglio soprassedere.
Ma c’è un aspetto che va al di là della retorica del bel gesto. Osimhen, dal momento in cui si avvicina alla tifoseria avversaria (che è ancora all’oscuro delle sue intenzioni) e dribbla gli addetti alla sicurezza, è solo. Lo è fisicamente. Lo è anche mentre risale i pochi gradoni dello stadio, facendosi largo in mezzo al pubblico stipato. Probabile che l’aura del campione lo protegga, possibile anche che ci sia, in lui, un breve istante di “calcolo”: non corro rischi, sono la star che dà confidenza al pubblico, qui è pieno di telecamere, andrà tutto bene.
Sta di fatto che la curva “nemica” coglie l’intenzione, si apre, lo accoglie, lo applaude, qualche selfie fugace è l’unico impedimento che ostacola il campione mentre ritorna in campo. Un gesto individuale – se è giusto e chiaro – può stravincere su ogni possibile equivoco “di massa”, a patto che si abbiano il coraggio e la prontezza di metterlo in atto. Si noti: la curva dello Spezia, passato il momento, è poi tornata ai disgustosi cori tipici di ogni curva, insomma è tornata “folla”, dopo che il gesto di un singolo l’aveva trasformata, per un breve istante, in un insieme di persone.
Ovvio che per un centravanti ventiquattrenne, alto un metro e 86, è più facile confidare nelle proprie forze.
Ma se ognuno di noi avesse meno timore “degli altri”, e più fiducia nelle proprie intenzioni, quanto migliore sarebbe il mondo?

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