domenica 14 novembre 2021

Daniela la Rottamatrice

 

Insulti, minacce e altre bugie. Lo show del senatore d’Arabia
Operetta - Pochi argomenti e zero risposte. Rottama Rondolino e fa pure finta di aver rinunciato a vedere la partita della nazionale -
DI DANIELA RANIERI
Quando gli scheletri escono dall’armadio, i loro proprietari – se dotati di un minimo di senso della realtà – si ritirano in silenzio, smettendo l’incessante emissione di fiato e la sincope di movimenti scomposti; quindi, ovviamente, Renzi fa l’esatto contrario.
Arriva negli studi di Otto e mezzo con un solo argomento per controbattere alle domande circa la melma che sta uscendo dalle intercettazioni sulla Fondazione Open: dare a Travaglio del “pregiudicato”, del “diffamatore seriale”, del “disperato” e della “vedova di Conte”. Si pensava che insulti così fiacchi e triviali fossero appannaggio di qualche disagiato del web al fine di racimolare like dalla parte più becera dei renziani fulminati: invece venivano dalla fonte (o sono stati da questa sposati).
A Lilli Gruber: “Io vorrei vedere lei, se le prendono il telefonino e le vedono negli ultimi 10 anni che ha fatto”. Il senatore, che non rammenta di esserlo, lascia intendere che se si conoscessero gli altarini degli interlocutori (“indiscrezioni”, per dirla come il suo staff di comunicazione, da raccattare anche mediante un “investigatore privato”), lui ne uscirebbe come il più pulito. È una forma di intimidazione. Il fatto che lui sia un senatore della Repubblica e all’epoca delle intercettazioni fosse segretario del Pd, mentre i giornalisti sono cittadini comuni, è irrilevante. (Questo signore è stato presidente del Consiglio, incontrava funzionari dei servizi segreti negli autogrill, voleva dare la cybersecurity a Carrai, etc. Un personaggio così affidabile, che Letta voleva imbarcarlo nel nuovo Ulivo).
Massimo Giannini, che legge la mail con cui Renzi chiedeva al suo staff di indirizzare i contenuti dei canali televisivi anche facendo accordi col dg della Rai, è liquidato così: “Tu Carrai lo conosci bene, gli hai dato dei soldi come risarcimento per una causa. Statti buono”. Dopo la fine della trasmissione, posterà la schermata con una lettera privata di Giannini a Carrai e la foto di un assegno firmato, lui che fino a due minuti prima strillava alla violazione della privacy per la pubblicazione delle elargizioni a suo favore per due milioni di euro. Sbraita: “Io sono trasparente”, ma non risponde a nessuna delle domande su di lui (giustamente, si guarda bene dal frequentarsi).
Secondo conti suoi, le cause intentate contro il Fatto superano la quota societaria; ergo, saranno gli azionisti a decretare la fine del giornale – a differenza che in Arabia Saudita, dove vigono modi più spicci per decretare la fine dei giornalisti.
Altro argomento forte: lui tifa per l’Italia (i suoi tirapiedi battono da mesi la velina “Travaglio è anti-italiano”). Naturalmente il suo “Forza Italia” determinerà ipso facto il pareggio degli azzurri. Nota: la puntata è stata registrata un’ora e mezza prima della messa in onda, ma lui finge di stare rinunciando alla partita per essere lì.
Per un filologo dei bassifondi del web, a sentirlo parlare non sarebbe difficile rintracciare la matrice degli insultatori a gettone della “bestiolina” renziana, presumibilmente capitanata dallo “stimato giornalista” Fabrizio Rondolino e dalla di lui moglie Simona Ercolani, una macchina da guerra deputata alla demolizione di avversari politici e giornalisti (altro che Putin: lui aveva la temibile utente lucciola84). Ma lui ci mette un secondo a scaricare pure i guru del web, a cui dice di non aver dato retta; guru che, senza il suo patrocinio, sarebbero allora degli squilibrati con fantasie megalomani che parlano da soli. (Risultato: Italia viva all’1 virgola qualcosa per cento).
Nervoso, maldestro, dialetticamente nullo, atteggia il volto a maschera ilare. “Sfido a trovare un mio solo voto in conflitto di interessi”, dice. Come se non controllasse il voto di decine di parlamentari (quelli di Iv, a dir poco); vedi legge Zan, affossata mentre lui era in Arabia Saudita per affari privati (è disdicevole essere pagati da La7 per fare i giornalisti; non lo è presenziare su compenso ai fasti di una dittatura come i cantanti neomelodici ai matrimoni).
Sollecitato da Gruber sull’etica politica, dice: “Come dice Benedetto Croce, la vera onestà è riuscire a portare a casa dei risultati”. Abbiamo compulsato Etica e politica di Croce: naturalmente non c’è traccia di questa frase. C’è invece questa: “L’individuo morale è tenuto a serbare la dignità, che non è solo prova della sua energia d’individuo, ma ossequio all’ideale morale che vive nel suo petto”.
“Pensi che lei gli dà anche lo stipendio, a Travaglio!”. Lilli Gruber, che datrice di stipendio dilettante: non ha manco un giornalista fatto a pezzi in giardino.

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